È atteso nel pomeriggio di oggi il voto in Senato per decidere se mandare a processo l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini per il caso Open Arms: l’accusa è «sequestro di persona plurimo aggravato e rifiuto di atti d’ufficio» per avere impedito per 19 giorni, lo scorso agosto, lo sbarco a Lampedusa di 164 migranti, tra i quali molti minori. La decisione verrà presa a maggioranza assoluta, occorrono 160 voti e per adesso nessuno è certo dell’esito. Sul fronte del no al processo ci sono la Lega con 63 senatori, FdI con 17 e Fi con 55, totale 135. Per il sì sono schierati il Pd con 35 voti, i 5S con 95 e Leu con 5 che, sommati, danno 135. A far pendere l’ago della bilancia saranno i senatori renziani di Iv, 18 in tutto, che come sempre si stanno giocando la partita sul piano della tattica: in giunta, lo scorso 26 giugno, non hanno partecipato al voto, riservandosi di valutazione gli atti in vista del passaggio decisivo in aula. Lunedì scorso Renzi ha ribadito: «Siamo garantisti, su Salvini leggiamo le carte e poi decidiamo». La temperatura dei rapporti tra Iv e il governo Conte due è sempre molto variabile ma, dalle voci che circolano, Renzi sembrerebbe orientato a non tirare troppo la corda dando indicazione di votare sì. Infine, i 7 voti mancanti dovrebbero arrivare dai 34 senatori gruppo Misto.

Ma il film potrebbe avere un finale diverso se Renzi decidesse lo strappo e se si aggiungessero poi nuovi dissidenti dalle file dei 5S. Martedì il pentastellato genovese Mattia Crucioli ha bocciato la proroga dello stato d’emergenza: «Questo è un precedente pericoloso, voto in contrasto alle indicazioni del mio gruppo», la dichiarazione in aula. Crucioli, con le colleghe di Palazzo Madama Marinella Pacifico e Tiziana Drago, è stato indicato come un nuovo «malpancista» in avvicinamento alla Lega. Una fuga che il diretto interessato ha poi dovuto smentire via social: «La mia distanza dai modi e toni non proprio eleganti del leader della Lega e dall’ipocrisia di un partito che, inalberato il vessillo di “Dio, Patria e Famiglia”, solletica abilmente la paura del diverso e persegue l’interesse dei più ricchi, è incolmabile». Ma resta l’insofferenza per la linea del Movimento (tanto da essersi schierato con Alessandro Di Battista), dimostrata anche dal fatto che il tabù del voto in linea con le indicazioni del vertice è comunque caduto.

Se dovessero prevalere i sì sarebbe il secondo procedimento a carico di Salvini per vicende simili. Lo scorso febbraio il Senato, con la stessa maggioranza giallo rosa, ha dato il via libera al processo per il caso analogo della nave della Guardia costiera italiana Gregoretti. A ottobre è prevista l’udienza con il gup del tribunale di Catania. Mentre la maggioranza giallo verde gli evitò il processo a febbraio 2019 per il caso Diciotti. «Sono sereno – ha commentato ieri Salvini -. I 5s dovranno decidere se è stata una scelta del governo, sulla quale erano d’accordo, come è scritto nero su bianco, o se vogliono andare avanti con un processo politico».

Stasera è poi previsto un nuovo vertice di maggioranza, il quinto, convocato al Viminale dalla ministra Luciana Lamorgese per chiudere l’accordo sulle modifiche ai decreti Sicurezza targati Lega: «Ci aspettiamo che sia la riunione decisiva – spiega Federico Fornaro di Leu, presidente del Misto alla Camera -. C’è stato un primo testo elaborato dal Viminale. Alla luce delle osservazioni fatte, c’è stata una seconda versione. Su questa base i singoli gruppi hanno fatto altre osservazioni. Ci aspettiamo un esito finale il più possibile condiviso».

I 5S preferirebbero varare il nuovo decreto dopo le amministrative di settembre: «Stasera speriamo di chiudere – conclude Fornaro -, quindi affidiamo il testo alla ministra e poi sarà il governo a valutare quando è il momento più opportuno per licenziare il decreto rispetto al calendario. Speriamo già ad agosto».