È un voto al buio quello che attende oggi quasi 7 milioni di bulgari, chiamati alle urne a soli tre mesi dall’ultima tornata elettorale. Lo scorso 4 aprile a Boyko Borisov, per tre volte capo del governo negli ultimi 12 anni, non è bastato arrivare primo per formare l’esecutivo. Un obiettivo fallito anche dai partiti di opposizione che ha portato il presidente della Repubblica, Rumen Radev, a nominare un governo provvisorio che traghettasse il Paese al voto anticipato.

I SONDAGGI FOTOGRAFANO una situazione di incertezza, con il partito di centro-destra dell’ex premier (Gerb) in caduta libera. Borisov, che alle ultime elezioni ha raccolto il 26.8% dei voti, è dato intorno al 20% in un testa a testa con “C’è un popolo come questo”, guidato dal popolare conduttore televisivo e cantante di musica balcanica, Slavi Trifonov, che punta al sorpasso.

Al terzo posto dovrebbero confermarsi i socialisti (Bsp) della giurista Korneliya Ninova, tallonati dal partito europeista e liberale di Hristo Ivanov, Bulgaria democratica, e dal Movimento per i diritti e le libertà (Dps, partito della minoranza turca). Tra i partiti che dovrebbero superare la soglia di sbarramento al 4%, anche ‘In piedi! Fuori i criminali!’ dell’ex difensore civico, Maya Manolova, e i nazionalisti della coalizione ‘Patrioti bulgari’.
Se anche Borisov riuscisse a restare in testa, sarebbe comunque improbabile un suo nuovo mandato. Resta, infatti, lontana la prospettiva di una coalizione dei conservatori con i socialisti del Bsp e i turchi del Dps, contrari a governare con l’ex premier.

Che il vento stesse cambiando era evidente da tempo. La rabbia dei cittadini verso un sistema che ha fatto diventare il Paese più povero d’Europa anche quello tra i più corrotti, è esplosa nelle manifestazioni che hanno attraversato il Paese lo scorso anno.

Da allora è stato un lento sprofondare: accuse di corruzione, intimidazioni, intercettazioni degli oppositori hanno assestato un duro colpo al mastodontico leader bulgaro e al suo partito, scaricato anche dagli Stati uniti che di recente hanno imposto sanzioni a due uomini d’affari e al vice capo dell’intelligence bulgara, tutti collegati più o meno direttamente a Borisov, con l’accusa di corruzione.

 

Manifesto elettorale del GERB in un caffè di Bankya, Bulgaria (Ap)

 

IL PRINCIPALE AVVERSARIO, il partito anti-establishment ‘C’è un popolo come questo’, non è tuttavia privo di zone d’ombra con candidati pressoché sconosciuti e un programma politico vago d’ispirazione conservatrice ed europeista. Durante la campagna elettorale, il suo leader, Trifonov, si è trincerato in un silenzio infranto solo con un’intervista a Le Monde. Un silenzio che ha alimentato le voci che lo vogliono in cattive condizioni di salute, circostanza smentita dallo showman che motiva con la mancanza di libertà di stampa in Bulgaria la scelta di non apparire in pubblico .

Estimatore di Ronald Reagan, Margaret Thatcher ed Emmanuel  Macron, come afferma nell’intervista al quotidiano francese, Trifonov ha tra i suoi cavalli di battaglia la riforma del sistema giudiziario e il taglio del finanziamento pubblico ai partiti, si è detto contrario alla ratifica da parte di Sofia della convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, pur criticando la legge ungherese che vieta «la promozione dell’omosessualità» tra i minori.

LA MODIFICA ALLA LEGGE elettorale voluta dal governo provvisorio potrebbe avvantaggiare il partito di Trifonov e i liberal di Bulgaria democratica, dal momento che agevola il voto della diaspora, più orientata al cambio di passo. Trifonov si troverebbe comunque a dover negoziare con gli altri partiti per formare una coalizione di governo, compito difficile anche per via dell’eterogeneità del fronte d’opposizione. Con il rischio che la Bulgaria rimanga ancora a lungo nel pantano.