Zaia e Toti, De Luca ed Emiliano potrebbero averla vinta. Il governo si prepara a dare il via libera a un emendamento al decreto elezioni, quello che ha rinviato le consultazioni regionali assieme alle comunali a dopo l’estate per l’emergenza coronavirus, per riaprire la finestra elettorale per le regioni in estate. Nell’ultima domenica di luglio.

E’ l’ennesimo cambio di programma. Durante la fase di preparazione del decreto, la ministra dell’interno Lamorgese aveva raccolto i pareri dei presidenti di regione, di maggioranza e opposizione e aveva proposto una formula che avrebbe consentito le elezioni regionali in una forchetta temporale molto ampia, dal 12 luglio al 25 ottobre. I presidenti che sono in cerca di rielezione spingono per il voto accelerato: Zaia e Toti per il centrodestra in Veneto e Liguria, Emiliano e De Luca per il Pd in Puglia e Campania. Assai più sfumata la posizione dei due «governatori» a fine mandato, Ceriscioli e Rossi nelle Marche e in Toscana (ma non quella dei nuovi candidati Pd). Chiare le motivazioni politiche: votare nel fuoco della battaglia anti virus può garantire una comoda rielezione agli uscenti. Senza contare che prima di diventare un fenomeno del web per la sua battaglia «col lanciafiamme», De Luca non era neanche ufficialmente ricandidato.

Differenti, ovviamente, le motivazioni proposte in pubblico. A luglio la diffusione del contagio dovrebbe essere sotto controllo, sostengono i presidenti di regione, probabilmente più sotto controllo dell’autunno quando si aspetta con timore una ripresa dell’epidemia. E in quel caso il rinvio – già previsto dal decreto, in una forma che però ha attratto le critiche di alcuni giuristi – sarebbe assai più pesante: si tratterebbe di scavallare l’anno elettorale. Questo argomento si è fatto strada nel governo. Non ancora nei partiti della maggioranza: il Pd resta scettico, «ce lo devono spiegare bene, ma proprio bene», dice un deputato sul dossier, i 5 Stelle sostengono di non saperne nulla. Disponibile all’anticipo è il ministro Boccia, che già ad aprile aveva rassicurato i governatori ansiosi di votare. Nelle prime bozze del decreto elezioni, assieme allo spostamento della scadenza dei consigli regionali dal 31 maggio al 31 agosto si prevedeva la possibilità di votare 8 settimane prima della scadenza, cioè dal 12 luglio. Possibilità poi sparita nel testo consegnato alle camere che adesso prevede come periodo per le elezioni quello 15 settembre-15 dicembre. Erano infatti prevalse le preoccupazioni del ministro della salute e quelle, meno sanitarie e più politiche, del Pd ancora bloccato dal caso De Luca.

Ieri l’annuncio del nuovo cambio di rotta, alla vigilia della seduta della prima commissione della camera che oggi comincia il lavoro sul decreto elezioni (in programma audizioni). «Il governo aveva trasmesso una proposta sulle finestre elettorali sulla base delle valutazioni sanitarie esistenti – ha spiegato Boccia – se queste cambiano è opportuno che il parlamento valuti finestre più ampie». In sintesi: «Nessuno esclude il voto in estate». Estate piena, perché il 12 luglio è già fuori dall’orizzonte. La mediazione sarebbe su sei settimane di anticipo rispetto alla scadenza del 31 agosto: 29 luglio appunto. Nel decreto sarebbe però inserita una clausola per rinviare nuovamente il voto nel caso in cui i contagi a livello regionale dovessero tornare a salire. Previsione complicata, visto che il governo può solo indicare l’intervallo di date mentre sono le regioni a convocare le urne. La materia, infatti, è di competenza degli statuti regionali, ed ecco perché è rapidamente tramontata l’ipotesi di abolire con legge nazionale le preferenze in tutte le regioni.