Da molte settimane i principali opinionisti politici sono concordi nell’affermare che l’esito delle elezioni politiche spagnole del prossimo 20 dicembre sarà determinato dagli elettori genericamente collocati al centro dello schieramento politico. Si tratta della famosa classe media, un’area che raramente ha animato cambiamenti sociali e politici profondi, proprio quelli di cui avrebbe bisogno la Spagna di oggi, dopo quattro disastrosi anni di governo Rajoy. I dati degli ultimi sondaggi sembrano confermare questa tendenza.

È uno dei momenti più critici per Podemos e, più in generale, per quelle forze che continuano ad ispirarsi al grande movimento che invase piazze e strade di tutta la Spagna, chiedendo un paese completamente rinnovato nel suo modello sociale e di sviluppo e soprattutto in grado di estendere a tutta l’Europa quel rinnovamento. E’ del tutto evidente, infatti, che il peso crescente di questa area di elettori, sull’esito del voto, indica che quel vento di cambiamento, che a febbraio aveva sospinto Podemos fino al 28%, oggi soffia con meno intensità.

La crisi del partito di Pablo Iglesias ha le sue origini strutturali in questa attenuazione della conflittualità sociale e nella difficoltà a rilanciarla. Proprio ora che in Spagna torna la fame, torna una società dove precarietà e povertà sono così diffuse che il numero delle persone che non ha le risorse economiche sufficienti anche solo per nutrirsi adeguatamente è cresciuto. Un paese che con le misure di austerity e i tagli voluti dal governo neoliberista forse ha riportato alcuni indicatori economici a valori accettabili, ma certo non ha sanato il rapporto deficit/Pil. Un paese dove il 10% della popolazione accumula il 55,6% della ricchezza patrimoniale, generando un divario sempre più difficile da colmare. L’impressione che si ricava dalle scelte di queste ultime settimane del gruppo dirigente di Podemos è che si cerchi di rispondere al progressivo calo di consensi ridimensionando la portata delle proprie proposte programmatiche.

Tra un Psoe che recupera l’intenzione di eliminare la religione dalle scuole, propone l’istruzione obbligatoria fino ai 18 anni e promuove un accordo per limitare i compiti a casa da svolgere fuori dall’orario scolastico e Ciudadanos che concentra le sue proposte sulla eliminazione del contratti a tempo determinato per l’introduzione del contratto a tutele crescenti, possibilista rispetto al reddito minimo solo per i lavoratori che non raggiungono un livello sufficiente di entrate mensili, pensando ad una Iva più alta sui consumi di base. Podemos concentra la sua attenzione su una riforma elettorale che elimini l’attuale sistema basato sulle circoscrizioni, che favorisce il sistema maggioritario, propone un accordo che blindi per costituzione l’indipendenza del potere giudiziario e chiede di equiparare i diritti alla casa, all’educazione e alla sanità ai diritti civili difesi dalla costituzione.

La speranza è catturare il voto degli elettori di centro, senza perdere l’elettorato più radicalizzato. Questa scelta fino ad ora non ha pagato. Da un lato si registra una piccola ripresa di Izquierda Unida e dall’altra il cosiddetto elettorato di centro preferisce dare fiducia a Ciudadanos, il partito nato appositamente per ringiovanire e dare un volto presentabile alla destra e per continuare a scaricare sugli spagnoli le scelte liberiste imposte dalla Troica. Questo inseguimento dell’elettorato moderato lo si è percepito nella chiusura al confronto, con le forze che hanno animato la coalizione di Ahora en Comun, in particolare Izquierda Unida, ma anche nella vera e propria ossessione del gruppo dirigente di Podemos di diffondere una immagine di sé meno bolivariana ed estremista, capace di rassicuranti proposte di buon senso. Il confronto televisivo fra il leader di Podemos e quello di Ciudadanos, ha forse segnato l’apice di questa svolta centrista del partito di Iglesias.

Rivera, leader di Ciudadanos, ottimo neo liberale, quasi una versione spagnola di Renzi, ha vinto il confronto, attirando sul suo progetto Iglesias, che è sembrato un buon socialdemocratico. Per recuperare consensi Podemos ha bisogno di ricreare nella società spagnola fiducia nel cambiamento, convincere l’elettorato che le grandi utopie del movimento del 15M possono vincere. Può in poche parole riconquistare consensi se, almeno in parte, saprà ricreare, in questi due mesi che mancano al voto, il clima sociale e lo spirito degli indignati, quando era diffusa l’idea che il cambiamento andava conquistato con le proprie mani, non delegandolo ad altri, tantomeno ad un leader carismatico. Ancora due mesi per far capire agli spagnoli che Podemos continua a voler assaltare il cielo.

Non è molto tempo è vero, ma è altrettanto vero che l’evidente attenuazione della conflittualità sociale non è legata alla soluzione dei problemi che portò milioni di spagnoli a indignarsi. Disoccupazione, riduzione drastica delle prestazioni fondamentali dello stato sociale e attacco alle libertà e ai diritti, compreso quello di manifestare liberamente il proprio dissenso, sono tutti lì e quindi ancora presenti come ragioni per una nuova ondata di indignazione. Promuoverla diventerà determinante per il risultato elettorale di Podemos e delle forze che aspirano a farla finita con questa gestione della crisi.