Vorrei ringraziare i tanti, tantissimi amici, compagni, lettori di Valentino e del manifesto per la straordinaria partecipazione, per la commozione, per le lacrime che ho sorpreso negli occhi anche di robusti e forti compagni venerdì al funerale di Valentino.

Sono venuti da tutta Italia, dalla Sardegna, dalla Sicilia, da Bologna, Venezia, Torino, Genova perfino dalla Germania, da Vienna, dalle Canarie (perché Massimo Serafini non poteva non intervenire per salutare il suo vecchio amico fin dagli inizi dell’avventura del Manifesto).

Ringrazio gli altri oratori, la sindaca Virginia Raggi e ringrazio per le centinaia di messaggi, di testimonianze, di telegrammi, di sms, di tutti i nuovi modi di comunicare che Valentino si intestardiva a non voler usare.

Ma vorrei anche denunciare un episodio drammatico che è avvenuto mercoledì mattina.

Quella mattina ero con la mia famiglia davanti alla camera mortuaria del Fatebenefratelli, nell’isola Tiberina a Roma.

Non credo sia fuori luogo perché so che Valentino lo avrebbe denunciato. Quello che ha portato alla morte di Nian Maguette.

Non è vero quanto ha dichiarato a la Repubblica il vicecomandante della polizia municipale Antonio Di Maggio, cioè che non si inseguono gli abusivi ma che si sequestra soltanto la merce.

Abbiamo visto gli ambulanti nigeriani correre disperati con il loro fagotto. E abbiamo visto anche gli agenti inseguirli (uno di loro, con un giubbotto di pelle marrone mi ha anche spintonato). Inseguirli a piedi, in motorino, e due addirittura salire su una macchina nera sullo spiazzo davanti all’ospedale e partire sgommando in marcia indietro sul ponte dal quale abitualmente arrivano le ambulanze.

Ma molti fagotti, caduti dalle spalle degli ambulanti, sono rimasti a terra.

La caccia era all’ambulante.