Un punto dopo l’altro e l’intensità tra una parola e l’altra…, lo spazio tra le cose, delle cose, sulle cose…, time is passing…, one word and another… Nel buio del palcoscenico, sul pavimento nero, si illumina, per poi tornare a dissolversi nel nulla, un cerchio di luce. Una sorta di bolla che sembra respirare in sintonia con il denso pulsare della musica. Suoni mischiati come un’eco a una voce fuori campo che evoca punti, spazi, cose, il passare del tempo. Un respiro tra luce e buio in sintonia del quale appare un danzatore per un breve solo, amalgamato con lo spazio. Un inizio che porta alla mente la definizione di «contemporaneo» data da Giorgio Agamben: colui che tiene fisso lo sguardo nel suo tempo, per percepire non le luci, ma il buio, per vedere nell’oscurità del presente.

È questo il primo impatto di Von, lo spettacolo del coreografo e danzatore originario di Parma Daniele Albanese, un percorso di formazione compiuto negli anni Novanta all’European Dance Development Centre di Arnhem in Olanda con maestri del postmodern come Steve Paxton, Lisa Kraus, Eva Karczag (danzatrice di Trisha Brown con cui Albanese sta mettendo a punto un duo sui flussi migratori), una compagnia, Stalker, fondata nel 2002, il cui nome deriva dall’omonimo film di fantascienza di Tarkovskij.

Von, spettacolo partito l’anno scorso da Les Hivernales d’Avignon e coprodotto dall’ultimo festival Torinodanza, è stato uno dei titoli ospiti di DanzABari, la rassegna del Comune di Bari realizzata dal Teatro Pubblico Pugliese in collaborazione con Teatri di Bari e AltraDanza, che fino ad aprile presenterà negli spazi del teatro Kismet e dell’Abeliano un nutrito cartellone di titoli di danza contemporanea. Von, andato in scena al Kismet, è un progetto centrato sulla trasformazione del corpo in rapporto agli effetti su di noi di quelle forze naturali, fisiche, nonché politiche (ciò che avviene nella società, nel mondo, non è privo di influenza) con cui abbiamo a che fare quotidianamente.

Una relazione messa in scena non con modalità narrative-letterarie, ma con un approccio scientifico al movimento. Cresciuto in una famiglia dove la fisica è di casa (il padre e la sorella sono due fisici), Albanese nella presentazione di Von cita non certo per sfoggio come visione suggestiva del processo creativo l’orizzonte degli eventi: quel limite oltrepassato il quale la fisica ci insegna che nulla può resistere alla morsa gravitazionale dei buchi neri. Una visione di confine legata allo spazio-tempo che spinge i danzatori e lo stesso spettacolo ad addentrarsi nella relazione tra corpo umano e forze per sondare il rapporto tra uomo e universo, macroscomo e microcosmo, alla ricerca infinitesimale della natura del movimento.

Von è una preposizione tedesca che significa «da» e che negli intenti del coreografo rimanda a un altrove non specificato. Il senso di mistero, di ignoto attraversa di fatto tutta la creazione: si affida al fluire magnetico, giocato su una dettagliatissima partitura per variazioni di spazio, energia, volumi del moto, di Marta Ciappina e Giulio Petrucci, sofisticati protagonisti del duetto centrale, e dello stesso Albanese, che apre il lavoro con il breve prologo per chiuderlo con un assolo fulminante, un viaggio vorticoso di 15 minuti nelle alterazioni dinamiche del moto. La musica originale di Lorenzo Donadei (prima parte) e di Luca Nasciuti (solo finale) insieme alle luci di Alessio Guerra che rimodulano di continuo i confini tra chiarore e buio, contribuiscono a trasformare la scena in una fantascientifica galassia nella quale, rubando le parole a L’Universo elegante di Brian Greene «spazio e tempo non possono più essere immaginati come un palcoscenico inerte su cui si rappresentano gli eventi dell’universo: sono essi stessi attori della commedia». Uno spettacolo fascinoso.

Nella stessa serata serata in scena anche altri titoli da segnalare: l’ironico e calzante Happy Hour di e con Mauro Paccagnella e Alessandro Bernardeschi, per uno sguardo sul fare teatro che gioca con ritmo e intelligenza tra la prospettiva del creatore e di chi l’opera la guarda; e lo studio in fieri Fray per Anticorpi _ tracce di giovane danza d’autore di Olimpia Fortuni con Pieradolfo Ciulli.