Aveva programmato tutto.  Il viaggio in treno dalla Calabria fino a Roma, il vestito buono per non dare troppo nell’occhio e la pistola con la matricola limata. Ma soprattutto aveva scelto il giorno giusto per lui, quello del giuramento del nuovo governo con i ministri che, terminata la cerimonia al Quirinale, sarebbero scesi fino a palazzo Chigi dove lui li stava aspettando.  Si perché il piano di Luigi Preiti, 49enne originario di Rosarno, rimasto senza lavoro dopo venti anni trascorsi come emigrante al nord dove, dopo la separazione, sono rimasti la seconda moglie e il figlio di 11 anni, prevedeva se non l’uccisione almeno il ferimento di uno o più politici, che evidentemente considerava responsabili dei suoi guai.

Le cose, però, non sono andate come Preiti probabilmente si era immaginato, chissà quante volte,  nella sua mente. Quando ieri mattina, poco dopo le 11,30, l’uomo si è lasciato alle spalle piazza Montecitorio per dirigersi verso piazza Colonna, dove si trova  la sede del  governo, si è trovato due carabinieri a sbarragli la strada. Le telecamere che affacciano sulla piazza lo mostrano mentre, col suo vestito nuovo, cammina spedito e con le mani in tasca. Allo stop dei due militari, che stanno chiudendo l’area per  l’arrivo imminente dei nuovi ministri, reagisce come un killer professionista. Senza un urlo né una minaccia estrae dalla tasca la pistola, una calibro 7,65 comprata un paio di anni fa illegalmente ad Alessandria, e spara. Uno, due, tre, una serie lunga di spari secchi che seminano il panico nella folla di giornalisti e curiosi in attesa.

Sotto i colpi – in seguito verranno trovati sei bossoli – cadono il brigadiere Giuseppe Giangrande, 50 anni, originario di Monreale, in provincia di Palermo, ma da tempo residente a Prato, e il carabiniere scelto Francesco Negri, 30 anni, entrambi del Battaglione Toscana. Ferita, per fortuna in modo lieve, anche una donna incinta che si trova a passare con il marito e il figlio.  Dopo la sparatoria Preiti tenta di fuggire ma viene subito bloccato a terra dagli altri militari in servizio nella piazza. “Sparatemi, sparatemi”, avrebbe gridato ai poliziotti e carabinieri che lo stavano ammanettando.

Dei due carabinieri feriti, il più grave appare subito Giangrande. Mentre Negri è stato colpito a una gamba dal proiettile che gli ha provocato una frattura, il brigadiere è seriamente ferito alla gola. E il proiettile ha toccato la spina dorsale. “C’è una lesione a livello cervicale importante”, spiegano i medici del Policlinico Umberto I al termine dell’intervento chirurgico a cui il brigadiere è stato sottoposto.

Tutte da chiarire, invece, sono le motivazioni che avrebbero armato la mano di Preiti. A detta di tutti, familiari, amici, ex moglie, ma anche del sostituto procuratore di Roma  Pierfilippo Laviani che lo ha interrogato insieme al pm Antonella Nespolo, l’uomo tutto sarebbe meno che un folle. Anzi, ai magistrati (che comunque hanno disposto una perizia psichiatrica) Preiti ha confessato tutto, ammettendo di aver curato fin nei minimi particolari l’attentato. “Ho pianificato tutto venti giorni fa, studiando tutto a tavolino”, ha spiegato senza mostrare alcun segno di pentimento. “Volevo fare un gesto eclatante in un giorno importante” ha proseguito, aggiungendo che nei suoi piani l’ultimo colpo avrebbe dovuto essere per lui. “Volevo suicidarmi, se non l’ho fatto è solo perché ho finito il caricatore”.

“Chiediamo scusa a tutti, ai carabinieri, agli italiani, Quando ho saputo che l’uomo che aveva sparato a Roma era Luigi sono quasi caduto dalla sedia”, spiega in serata il fratello Angelo, che vive a Alessandria. “Luigi è una persona intelligente, in gamba, molto professionale –  aggiunge l’uomo – L’ultima volta l’ho visto ad agosto ed era tranquillo come sempre. No, lui non è un malato di mente, non ha problemi psichiatrici”.

Un uomo normale, segnato come tanti dalla perdita del lavoro e dalle separazione dalla propria donna, costretto dopo decenni a fare ritorno nella casa dei genitori in Calabria, un ritorno che vive come una sconfitta. A Rosarno Preiti vive alla giornata, ogni tanto un lavoro in muratura, qualche altro piccolo lavoro, ma non sembra avere grossi problemi economici. Certo non c’è da scialacquare, i soldi sono quello che sono, ma non va peggio che a  tanti altri. Ad differenza degli altri, però, Preiti avrebbe avuto il vizio del gioco d’azzardo, e per i videopoker in particolare, almeno a sentire i vicini.

Il film di cui è protagonista, Preiti lo comincia sabato mattina quando dice ai genitori che deve andare a Roma. Da Rosarno raggiunge la stazione di Gioia Tauro dove parcheggia la sua Peugeot prima di salire sul treno. Durante il viaggio sarebbe stato fermato anche dalla Polfer per un controllo, finito però senza alcun esito.

Nella capitale arriva poco dopo le due del pomeriggio e alle tre si presenta alla portineria di uno dei tanti alberghi  che si trovano nei dintorni della stazione Termini. “Mi ha chiesto una stanza ma non aveva prenotato. Gli ho dato l’ultima camera libera, la 522” ricorda Handi, il portiere. Preiti esce un paio d’ore dopo, ma fa quasi subito rientro nell’albergo e si chiude nella sua stanza. Fino a ieri mattina quando esce vestito di tutto punto: giacca, cravatta e pistola in tasca. “Saranno state le 9-9,30 – ricorda ancora Handi – Sembrava stanco, come se non avesse dormito, ma era tranquillo”.

La stanza dell’albergo, così come la casa di Rosarno e l’abitazione della seconda moglie in Piemonte ieri sono state passate al setaccio dagli investigatori, che però non avrebbero trovato niente di rilevante per le indagini  o comunque nulla in grado di spiegare il gesto di Preiti. Che ieri sera ai magistrati che lo interrogavano, ha continuato a ripetere: “Io non ce l’ho con nessuno, non odio nessuno. Ho solo la disperazione di un lavoro perso, la separazione, essere a carico dei genitori a questa età e non poter provvedere a mio figlio. Sono un uomo – ha ripetuto – che non ha più niente da perdere”.