Per la prima volta nella storia della nostra Repubblica un ministro della Repubblica si dissocia dalla partecipazione alle celebrazioni del 25 Aprile. Non si tratta di una opzione personale, ma il gesto si profila come un vero e proprio atto eversivo che colpisce al cuore uno dei motivi fondanti della nostra Costituzione e del nostro stare insieme come comunità e società civile e politica. Nessuno finora aveva osato mettere in dubbio o in discussione la comunità di valori sintetizzata nella data del 25 Aprile.

Da una parte viene da applaudire alla caduta del velo di ipocrisia che poteva coprire l’unanimismo sul 25 Aprile, ma dall’altra non possiamo e non dobbiamo nasconderci la pericolosità di atteggiamenti del genere. Non c’è bisogno di richiamare i molti, troppi, episodi fascistoidi di cui sono piene le cronache per rendersi conto del momento di confusione e di incertezza che sta attraversando il nostro Paese. Ma la frattura che si produce al vertice istituzionale suona come un campanello d’allarme che non va in alcun modo sottovalutato.

Nel momento in cui il Paese si spacca pro o contro il 25 Aprile la data della Liberazione diventa ostaggio della battaglia per il consenso. Se, come fu bene espresso tanti anni fa in un aureo libretto da Pietro Scoppola, la convergenza sul 25 Aprile non annullava diversità e divergenze, politiche ed ideologiche, l’annullamento del 25 Aprile comporta molteplici conseguenze sul piano storico e sul piano politico-culturale.
Dal punto di vista storico, lo sforzo di costruire una identità nazionale partendo da un punto di vista comune nella valutazione di un passato che ci ha lasciato in eredità solo rovine e macerie viene totalmente vanificato.

È questo un aspetto che non si riflette soltanto nell’immediata attualità, ma riguarda in particolare le generazioni più giovani, alle quali rischiamo di consegnare un passato senza alcun punto di riferimento, un passato al buio, senza orizzonti. Qui più che mai la storia dà fastidio; la storia come attitudine critica e premessa alla critica del presente è sempre stata la bestia nera di tutti i comportamenti autoritari e contrari alla dialettica della democrazia. L’annullamento della storia è una delle condizioni che consentirebbe il dilagare dei comportamenti svincolati da ogni pregiudiziale ideologica o etica.

Dal punto di vista politico culturale, il venir meno del XXV Aprile – stavolta lo scriviamo col numero romano come si conviene alle date fondative – come punto di riferimento comune legittima qualsiasi confusione e operazione trasformistica. Il 25 Aprile ha fatto da diga contro gli scivolamenti verso la destra estrema e le ambigue contiguità con il neofascismo, quale che ne fosse il volto. Neppure negli anni della Democrazia Cristiana più bieca e del dominio berlusconiano, quella diga ha mancato la sua funzione.

Oggi bisogna considerare, tra l’altro, la distanza di tempo che ci separa da quel giorno e il venir meno della continuità generazionale che contribuisce ad appannare la memoria e a favorire azioni di rottura che prima ancora di riguardare il passato incidono direttamente sul nostro presente.

La tenuta della democrazia è strettamente legata alla condivisione di valori fatti propri nella pluralità delle espressioni dalla stragrande maggioranza della popolazione. Il tentativo di ribaltare questa realtà con la seduzione di una apparente novità, ci riporterebbe indietro di oltre mezzo secolo. Più volte è stata ventilata l’idea di abolire la festa della Liberazione, ma ha sempre prevalso la consapevolezza di quanto è costato il prezzo della libertà.

Tuttavia, questa consapevolezza non è acquisita una volta per sempre, essa va continuamente alimentata e rinnovata con il lavoro e l’impegno delle Istituzioni e in primo luogo della scuola.
Ancora una volta fondamentale è il passaggio generazionale nel quale si perdono le memorie individuali e la memoria collettiva deve essere sostenuta con ogni impegno dalla azione delle Istituzioni, dalla lezione della storia, dalla convinzione che nessun progresso è possibile se viene meno il collante della consapevolezza e della solidarietà.