Doveva essere un’ora sola di confronto. Alla fine sono state tre. Il prolungamento però non ha portato a nessun sostanziale passo avanti. Sulla riforma della scuola rimane il muro contro muro: da una parte governo e Pd che non vogliono toccare i punti fondamentali della «buona scuola», dall’altra i sindacati – assieme alle associazioni degli studenti e dei genitori – che senza distinzione, a parte qualche cedimento dello Snals – continuano a contestarne l’impianto: mancato decreto sulle assunzioni, poteri dei presidi, albi territoriali da cui i presidi stessi potranno scegliere gli insegnanti.

Che non si trattasse di un incontro col governo, i sindacati l’hanno capito quando sono riusciti a strappare il cambio di programma. Inizialmente a Cgil, Cisl e Uil era stata riservata solo un’ora di «confronto» – termine sostitutivo della rottamata concertazione – allo stesso modo di tutti gli altri interlocutori scelti dal Pd a due giorni dallo sciopero che ha dimostrato come il mondo della scuola consideri fallimentare la riforma targata Renzi e Giannini.

Al Nazareno invece Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo sono rimasti oltre tre ore. Il tempo necessario perché loro e i loro segretari di categoria (Mimmo Pantaleo Flc Cgil, Francesco Scrima Cisl Scuola, Massimo Di Menna Uil Scuola) spiegassero le loro posizioni. Rimaste totalmente distanti da quelle del Pd e dalle modifiche «palliative» proposte dal presidente Matteo Orfini, dal vicesegretario Lorenzo Guerini e dalla responsabile scuola Francesca Puglisi.

Alla fine dunque si è trattato più di un incontro di «metodo» che di «merito». Tanto che Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto di incontrare «al più presto il governo». La sua assenza dal confronto – definita «surreale» da Stefano Fassina che appoggia la richiesta sindacale di un decreto sulle assunzioni – è considerata decisiva dai sindacati: «solo il governo può cambiare profondamente la riforma come chiediamo noi».

Unico punto su cui – a detta del Pd – il confronto andrà avanti è quello sugli emendamenti per «rimodulare» il potere del preside – dirigente scolastico – che con la riforma diventerebbe il «sindaco della scuola», definizione del sottosegretario Davide Faraone. Ma dai sindacati non arriva alcuna conferma al proposito. Unico impegno preso dal Pd è quello di fare da latore alla richiesta di incontro col governo, ma fino a ieri nessuna risposta ufficiale era arrivata dal ministro Giannini.

«Abbiamo molto apprezzato la disponibilità e il metodo di continuare a vederci ma non abbiamo fatto grandi passi avanti», ha commentato appena uscita dal Nazareno Susanna Camusso. «Su alcune cose stanno riflettendo ma ci sono ancora scogli importanti», le ha fatto eco Anna Maria Furlan. «È inutile parlare di aperture dopo un incontro con un partito – attacca Carmelo Barbagallo – . Valuteremo se ci sono aperture, quando il governo ci convocherà. Capisco che dopo avere abusato dei decreti si faccia appello alla democrazia dei disegni di legge, ma questa era l’occasione per fare un decreto perché solo così si possono assumere i precari prima che inizi l’anno scolastico», conclude.

Sul piano parlamentare intanto ieri l’iter del disegno di legge è andato avanti. E anche qui non si registrano cambi di verso. Anzi. Tanto che i componenti M5s della commissione Cultura della camera hanno deciso di lasciare i lavori. «In queste ore stiamo assistendo a un teatrino stucchevole, a tratti penoso – scrivono in una nota – . Quello che Pd e governo potranno concedere saranno, al massimo, briciole. È del tutto evidente che, come abbiamo sempre affermato, sui punti chiave di questo provvedimento, non si ci sono reali ripensamenti. Il governo fa finta di sfilarsi e lascia campo libero al Pd, che si porta al Nazareno associazioni e sindacati per parlare, all’ultimo momento e in tutta fretta, di tutto ciò che non hanno voluto mai fare finora: confrontarsi seriamente su Ddl Istruzione e accettare il fatto che il provvedimento va gettato nel cestino. Al contempo speriamo che, tutti coloro i quali si sono opposti fino a questo momento al Ddl, non abbocchino a contentini e alle promesse da marinaio di Pd e compagnia».

La ricetta per la riforma della scuola la offre poi in contemporanea Beppe Grillo, conversando con i cronisti a Montecitorio: «Un insegnante deve essere pagato bene altrimenti è un danno per le generazioni future, deve avere una didattica moderna. I soldi? Si trovano. Per esempio, i 500 milioni alla scuola privata li depisterei sulla scuola pubblica».