Hans-Christian Ströbele è un politico atipico sulla scena tedesca. Avvocato, 74 anni, è l’unico deputato dei Verdi ad essere eletto in un collegio uninominale in tutta la Germania: quello dei quartieri berlinesi Friedrichshain e Kreuzberg. Un tempo molto alternativi, ora in via di «gentrificazione», come i sociologi chiamano quei cambiamenti che derivano dall’ingresso massiccio di popolazione ricca in una zona popolare. Restano, comunque, roccaforti della vita alternativa della città, nelle quali i Grünen, che qui sono anche «rossi», non hanno rivali: la rielezione del deputato uscente è praticamente scontata.

Ströbele, negli anni ’70 uno dei difensori della Rote Armee Fraktion di Andreas Baader e Ulrike Meinhof, è un perfetto esemplare della cultura critica tedesca di ascendenza sessantottina: gira Berlino in bici, non manca mai alle manifestazioni contro lo sgombero di una casa occupata o a favore della legalizzazione delle droghe leggere. Nei Verdi sin dalla fondazione, non ha problemi a essere in dissenso con il partito. Ad esempio sui «pacchetti di aiuti» alla Grecia: «Al Bundestag ho sempre votato contro, come la Linke, mentre il mio gruppo insieme alla Spd appoggiava le cosiddette misure di salvataggio, compresi i vari fondi salva-stati», spiega al manifesto.

Perché non ha condiviso la linea dei Verdi sulla Grecia?

Intendiamoci: io sono per aiutare i Paesi in crisi. Ma non dando i soldi alle banche tedesche o francesi: in quel modo non si salva la popolazione greca, ma gli istituti di credito. E non si possono accettare le spietate «riforme» imposte in cambio dell’invio di «aiuti». Nel mio partito c’è condivisione di questi principi, ma prevale l’idea che, votando contro, si lanci un segnale di egoismo nazionale e si passi per anti-europei.

Lei è molto attivo sul tema della difesa delle persone dagli abusi dei poteri pubblici: ad esempio, dei servizi segreti. Il governo tedesco ha dichiarato chiuso il caso dello spionaggio americano rivelato da Edward Snowden: anche dal suo punto di vista è così?

Il governo Merkel non sta assolutamente facendo quello che dovrebbe. Non è ancora arrivata nessuna spiegazione alle richieste di chiarimento inviate a Washington: e il nostro esecutivo sta zitto. Io ho l’impressione che non si voglia davvero conoscere la verità, formulando concretamente le domande giuste: io vorrei sapere, invece, se corrisponde al vero che i servizi Usa hanno intercettato anche le comunicazioni dell’Onu nel Palazzo di Vetro. Ed è solo un esempio.

L’opinione pubblica tedesca è generalmente molto sensibile alla difesa della privacy dall’invadenza dello stato o delle grandi imprese: la vicenda dello spionaggio inciderà sul voto del 22 settembre?

Molte persone sono preoccupate. Facendo campagna elettorale incontro tanti che mi chiedono che cosa la politica stia facendo per difendere i cittadini. Onestamente non credo, tuttavia, che il tema sia sentito a tal punto da diventare quello decisivo per la scelta nella cabina elettorale. Ma non per questo va trascurato: i rapporti con i nostri alleati americani non possono restare gli stessi.

A proposito di Usa: siamo alla vigilia di una guerra in Siria, secondo lei? Cosa deve fare la Germania?

Io ho il timore che si sia innescato un meccanismo di guerra difficile da arrestare, che porterà a una situazione che, come minimo, sarà analoga a quella della Libia. Con la differenza che nel caso di attacco alla Siria non ci sarebbe nessuna legittimazione dal punto di vista del diritto internazionale, perché Cina e Russia non daranno il loro consenso nel Consiglio di sicurezza. Penso che si debba far lavorare gli osservatori dell’Onu per capire chi davvero ha usato quei gas, se il regime di Damasco o altri: si tenga presente che i ribelli islamisti agiscono senza scrupoli tanto quanto Assad. Il governo tedesco ora deve sostenere questo lavoro di chiarificazione indipendente di quanto è veramente accaduto.

La guerra in Kosovo potrebbe fare da modello?

Temo di sì. Anche in quel caso ci fu un intervento senza autorizzazione Onu, purtroppo anche con soldati tedeschi. Io votai contro, in dissenso con la maggioranza del gruppo parlamentare e con il ministro degli esteri, il mio compagno di partito Joschka Fischer. 

Difficile immaginare lei che vota la fiducia a un ipotetico governo di coalizione fra Cdu e Verdi…

Io parto dal presupposto che il mio partito non voglia allearsi con Merkel: la linea è che vogliamo governare con la Spd, e nessun dirigente ha detto mai nulla di diverso. Per questo non voglio considerarla un’opzione possibile: per me è impensabile che possa accadere. M’immagino, invece, una coalizione di sinistra che comprenda anche la Linke: alcune loro proposte sono utopiche, ma dei compromessi si potrebbero certamente trovare.