Il giudizio estetico di un testo può passare attraverso la reperibilità tra le sue pagine di frasi perfette, di definizioni particolarmente riuscite, oppure di descrizioni di avvenimenti o stati d’animo riconoscibili, ma che allo stesso tempo sono, per la maggior parte delle volte, molto difficili da raccontare. Quando l’autrice o l’autore ci riesce, il valore della sua scrittura aumenta agli occhi di chi legge. Questa esperienza capita spesso con la raccolta di prosa poetica, come viene definita nella postfazione di Sandro Veronesi, Entro a volte nel tuo sonno di Sergio Claudio Perroni (La Nave di Teseo, pp. 174, euro 12) .

Il libro si compone, infatti, di brani che per la maggior parte non superano la misura di una pagina, ognuno con un titolo, ognuno riconoscibile per la ricerca da parte dell’autore dell’adesione totale tra il referente e la sua messa in parola. Gli oltre 160 componimenti del volumetto danno prova, tutti, di una lingua cesellata, del labor limae necessario a far sì che il linguaggio letterario si pieghi e si modelli attorno alla materia sentimentale.

PERRONI si concentra su tematiche umane archetipiche, a partire però da un punto di vista totalmente soggettivo che non impedisce, anzi facilita, la possibilità di riconoscersi anche quando è evidente l’ispirazione autobiografica. Ciò che colpisce maggiormente in questa raccolta è che l’autore è stato in grado di dare voce e spiegazione, di dare senso, ecco, a delle esperienze così comuni, minute e per questo spesso trascurate, che invece sanno trovare in queste pagine tutta la loro dignità, l’importanza che hanno nella vita di ognuno.

Per esempio, ne Il tuo rifugio Perroni descrive come succede di abbandonare alcuni piccoli gesti, azioni che compivamo da giovani, magari, che abbiamo ripetuto per anni e che, come ricorda il titolo, costituivano il rifugio e forse anche lo spazio di libertà dalla vita quotidiana, dal fastidio dell’esistenza. Può accadere di interromperli, di dimenticare anche di proteggersi. Nessuno conosce solitamente queste azioni e per questo nessuno saprà che vi abbiamo rinunciato, ce lo ricorda lo scrittore preziosamente.

TRA I VARI componimenti dedicati al passare del tempo, alla ferocia del passato, soprattutto al dolore inconsolabile della scomparsa delle persone amate, a questa tragedia che può far parte della esistenza di ognuno e che l’autore riposiziona all’interno di un’attesa della nostra stessa morte, particolarmente riuscito è La porzione indenne. Qui, Perroni si sofferma sulla possibilità che esista nel nostro corpo che inesorabilmente muta e si trasforma senza tregua fino a diventare davvero altro rispetto al suo stesso punto di partenza, una parte che non cambia, una porzione indenne appunto, un centimetro di pelle, una curva del nostro orecchio, qualcosa che possa essere la prova carnale di una qualche coerenza, dell’immutabilità divina che proprio non ci appartiene.
Entro a volte nel tuo sonno è una raccolta da leggere e da rileggere, da tenere vicino, come piccolo vocabolario del sentire.