Il centrosinistra, questo sconosciuto. Morto e sepolto dalle scelte politiche del Pd di Renzi per alcuni, per altri è invece ancora vivo e vegeto nelle esperienze di governo dei territori, perfino in una città come Roma dove continua ad amministrare tutti i Municipi tranne Ostia, sopravvissuti al commissariamento del Campidoglio.

La diatriba dilania in particolare Sel che già litiga con Sinistra italiana, cioè con se stessa, e ieri è apparsa addirittura divisa fisicamente in due. Da una parte, i vertici nazionali di Si che da Montecitorio hanno lanciato la campagna social «#bastaipocrisia», contro i falsi appelli renziani all’unità e al voto utile a cui credono sempre meno elettori. E dall’altra, i presidenti e gli amministratori dei municipi romani di Sel che insieme a quelli del Pd hanno scelto la sala di vetro della “Casa della città” per lanciare l’iniziativa #perRoma, un dibattito pubblico che tenterà di riunire al teatro Brancaccio, il 23 gennaio, tutte quelle forze che vogliono «rimettere in campo un’opzione progressista capace di battere le destre e i populismi» alle amministrative di giugno.

La questione non è di lana caprina, almeno fino al ballottaggio: per Stefano Fassina, al momento l’unico candidato certo a sindaco della Capitale, la coalizione tra Pd e Sel/Si a Roma è fuori discussione. Non è una questione ideologica, ma «concreta», spiegano il coordinatore nazionale di Sel Fratoianni, i capigruppo di Camera e Senato di Si, Scotto e De Petris, e l’ex dem D’Attorre confluito nel nuovo soggetto di sinistra. Fassina è assente ma gli altri mostrano le slide della campagna social – «Caro Matteo, caro Pd #bastaipocrisia» – che invita il Nazareno ad abbandonare la folle idea del Partito della nazione, e allo stesso tempo risponde anche a chi dentro Sel considera la ricostruzione del centrosinistra romano l’unica chance per salire al Campidoglio.

«Se si vuole governare con la sinistra, bisogna fare una cosa semplice: fare cose di sinistra. Se si fanno cose di destra, si governa con la destra», ragiona Fratoianni.

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La campagna è efficace e entra nel merito: «Caro Matteo – recita uno degli slogan – ma se volete governare con noi nelle città perché non finanziate l’assunzione dei 20 mila educatori necessari a dare un posto in asilo nido ad almeno il 33% dei bambini sotto i 3 anni? #bastaipocrisia». Oppure «Perché da due anni e mezzo la legge sul consumo del suolo è ancora ferma in commissione?». Fratoianni parla anche ai suoi, quando ribatte a «chi continua a chiederci responsabilità e unità in nome del centrosinistra»: «Se la discussione la facciamo sulle questioni concrete siamo sempre pronti, se invece è ad uso e consumo della prossime amministrative, allora troveranno da parte nostra la risposta di una forza politica autonoma».

«Noi siamo pronti» è invece la firma collettiva con cui i 14 mini-sindaci (di cui due di Sel) sottoscrivono l’appello #perRoma, «un manifesto senza nomi, e non si vedeva dal 1918, perché questa non è una iniziativa contro qualcuno e non è a favore di qualcuno». «Siamo la generazione di amministratori che si è forgiata nella fase più difficile della storia recente della città», scrivono, ma la questione non è solo generazionale. I primi sondaggi su Fassina non sono rincuoranti, e i tanti che hanno affollato la casa di vetro di Roma capitale – da Foschi e Staffieri del Pd, a Peciola e Bonafoni di Sel, fino a Di Berardino e Di Cola della Cgil – supportano la richiesta della presidente dem del I municipio, Sabrina Alfonsi, di indire «primarie con tutti i candidati del centrosinistra».

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Proposte e candidature «studiate in qualche luogo distante dalla città» sono da rifiutare, chiarisce Andrea Catarci (Sel) mini sindaco dell’VIII: «Di qui al 23 gennaio proponiamo una grande raccolta di adesioni per riaprire un campo largo di centrosinistra. Invitiamo a partecipare tutti i decisori politici, anche quelli più autistici». La speranza è che ad ascoltare le forze sociali e sindacali della città ci siano tutti, da Marino a Orfini, e naturalmente, puntualizza Catarci, «il mio candidato, Fassina, che sa bene che la coalizione si rinnova ancora nei municipi: per esempio nella giunta Pd del IV, appena una settimana fa è stata nominata una vicepresidente di Sel».

Per il dem Barletta (XIV), «è un errore politico pensare di poter saltare un giro. Non sono convincenti né la proposta politica del Pd che ripiega su primarie interne, né quella della sinistra, tutta sulla difensiva, che guarda al passato. Accogliamo l’appello di Pisapia, Zedda e Doria per recuperare le esperienze positive del centrosinistra». «È un invito senza steccati a chiunque, compresi Ferrero e Civati», gli fa eco Torquati (XV). Apprezza l’iniziativa, entusiasta, il vicepresidente della Regione Lazio, Smeriglio, che ha assicurato la propria presenza al Brancaccio.

Ad «ascoltare» ci sarà anche Fassina che, a distanza, però risponde: «Il centrosinistra è finito nel nostro popolo, a Roma e in Italia. Nessuna retorica di Palazzo lo può resuscitare dopo la rottura in Campidoglio del luglio scorso e la liquidazione dell’amministrazione Marino dal notaio. Dopo le politiche del governo radicalmente contraddittorie con l’identità del centrosinistra su scuola, lavoro, ambiente e democrazia». Fassina ricorda le proposte di Si, «obiettivi concreti e scelte di radicale discontinuità anche con il centrosinistra. Qual è invece il programma del Pd? Nessuno ne sa ancora nulla». Solo con «un progetto per Roma alternativo al Pd del Nazaremo, che domina nella Capitale», avverte il candidato sindaco di Si, «lasciamo campo libero alla destra».