I due ex vecchi amici di un tempo, come due giocatori di poker, si sono riseduti al tavolo verde per la partita più importante. Il rilancio improvviso è stato fatto dal finanziere bretone Vincent Bolloré che possiede il 20% di Vivendi e che ieri sera ha annunciato di aver già raggiunto il 20% di Mediaset. La società francese era al 3% e martedì sera aveva già annunciato di essersi portata al 12,3% minacciando la controllata della famiglia Berlusconi. La scalata a sorpresa – “ostile” secondo Arcore – ieri ha costretto il Cavaliere ad annullare tutti i suoi impegni e a richiudersi in un prolungato vertice con i figli Piersilvio e Marina. L’imprevisto ha costretto Berlusconi a posticipare la presentazione dell’ultimo libro dell’amico Bruno Vespa, C’eravamo tanto amati.

“L’acquisto di azioni Mediaset da parte di Vivendi non concordato preventivamente con Fininvest – ha precisato Berlusconi in una nota – non può essere considerato altro che un’operazione ostile. Vivendi ha avuto l’opportunità, con l’accodo strategico firmato lo scorso aprile, di avviare con Mediaset una collaborazione che si preannunciava proficua per entrambi i gruppi. Purtroppo questo accordo è stato disconosciuto da Vivendi nei modi e con le conseguenze anche giudiziarie che sono note. Non è certo questo il miglior biglietto da visita che Vivendi possa esibire nel riproporsi come azionista industriale della società”.

Fininvest, come prima contromossa, ha acquistato 41,6 milioni di azioni ordinarie di Mediaset (il 3,52% di tutto il capitale sociale) raggiungendo il 39,77% del capitale avente diritto di voto. Si tratta dell’ultimo acquisto possibile per quest’anno, poiché la holding di famiglia nel 2016 ha già acquistato il 5% e salire ulteriormente farebbe scattare l’obbligo di offerta pubblica di acquisto. Poi ha presentato alla procura della Repubblica una denuncia per manipolazione del mercato nei confronti di Vivendi, società cannibale nel mondo dei media che detiene il 100% di Canal Plus, il 100% di Universal, il 24,9% di Telecom Italia, il 20,1% di Ubisoft e il 95,7% di Gameloft.

In attesa delle prossime mosse, il titolo Mediaset ieri dopo aver sfiorato quasi il 7% di guadagni ha chiuso la giornata con un rialzo dell’1% a 3,62 euro. Sono state scambiate 83 milioni di azioni, significa che è passato di mano il 7% del capitale sociale del gruppo. Il boom della mattinata alla fine si è sgonfiato. Secondo gli analisti il rialzo non ha portato il titolo al livello raggiunto lo scorso aprile in seguito all’annuncio relativo all’affare Mediaset Premium (poi sfumato a luglio) con Vivendi. Il braccio di ferro tra Parigi e Arcore è cominciato proprio a partire da quella vicenda tutt’altro che risolta: Vivendi in aprile aveva preso accordi per acquistare il 100% del capitale della pay tv di Berlusconi ma tre mesi dopo ci ripensò ritenendo poco vantaggiosa la cifra pattuita. Da quel momento le due famiglie si incontrano solo in tribunale e forse la mossa a sorpresa di martedì – sostengono gli analisti internazionali che conoscono Bolloré – serve solo a costringere Silvio Berlusconi a riprendere quel negoziato. Si dice anche che il capo di famiglia sull’affare Premium la pensasse diversamente dai figli Piersilvio e Marina. “C’è la compattezza più assoluta nella mia famiglia”, ha dovuto precisare ieri il padre. La partita è appena cominciata.

Il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, chiacchierando con i suoi giornalisti, ha detto “ci difenderemo ma sarà dura”, perché da adesso l’azienda dovrà guardarsi “non solo dagli avversari ma anche dal nemico interno”. Non è ancora chiaro se l’azione della Fininvest sia sufficiente per la messa in sicurezza dell’azienda.

L’incursione dei francesi ha messo in allarme anche il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. Il governo italiano – si legge in una nota – pur avendo “assoluto rispetto per le regole di mercato” esprime dubbi sul fatto che il tentativo di scalata di Vivendi “sia il modo più appropriato di procedere per rafforzare la propria presenza in Italia”. Tanto più quando si tratta di un settore strategico come quello dei media, “mi pare che questo principio sia in Francia ampiamente riconosciuto e assertivamente difeso”. Con rispetto parlando, sembra quasi un affare di Stato.