Di tutte le cose che si potevano dire di Maria Teresa Canessa, vice questore aggiunta di Genova, quella sposata dai più è stata «È una donna con le palle», ed è la peggiore. Il gesto che le è valso un apprezzamento così virileggiante è stato in realtà di intelligenza e sensibilità tipicamente femminili. Lei, invece di andare allo scontro con gli operai dell’Ilva che il 27 gennaio scorso manifestavano a Genova per chiedere al governo il rispetto dell’accordo di programma, ha parlato loro, per farlo meglio si è tolta il casco, li ha ascoltati e poi si sono stretti la mano. Un evento così è talmente raro che ha fatto notizia anche sui tg. Quel gesto e quell’incontro sono scaturiti dentro una moltitudine di differenze che si confrontano e agiscono senza dover chiedere autorizzazioni, ma nessuno lo ha sottolineato. Hanno preferito il paragone mascolino.

Non so chi e quando abbia cominciato a definire «Donna con le palle» una femmina con carattere, fatto sta che quell’espressione circola da tempo immemore e, per quanto si cerchi di rintuzzarla, spunta e rispunta come una testa di Idra, perché chi la usa pensa di fare o farsi un complimento. Urge chiarire un paio di cose. Una volta, per definire un uomo deciso si diceva che aveva gli attributi, poi il linguaggio è diventato più figurativo e le palle hanno preso il sopravvento nella parlata corrente.

La sostanza però resta la stessa e dimostra come piace sempre affiancare all’idea di maschia potenza quella di testicoli ben dotati. Se ci sono uomini a cui piace descriversi così, facciano pure, saranno poi le donne a decidere se frequentarli o no. Ma quando i testicoli sono appiccicati metaforicamente a una donna per valorizzarla, le cose cambiano eccome. Lasciando da parte la questione anatomica, e cioè che il corrispettivo femminile dei testicoli sono le ovaie e quindi le signore non hanno bisogno di aggiunte perché funzionano già benissimo, è proprio il senso della definizione a essere sbagliato. Il gesto che ha fatto Canessa a Genova è accaduto proprio perché lei è una donna, punto. È il suo essere donna che ha agito in quel momento. È la sua parte femminile che si è mostrata, non un suo surrogato travestito da maschio.

È la sua differenza che ha agito e parlato, non la sua omologazione. Di quella differenza bisogna andare orgogliose perché è una peculiarità distintiva e preziosa. Il modo con cui le donne ogni giorno stanno nel modo, vivono le relazioni, si occupano del quotidiano, del lavoro, della politica, sentono il senso civico, provano passioni e desideri, lottano, gioiscono, si ribellano, parlano, osservano e ascoltano è loro e basta.

Nei conflitti e nei drammi questa differenza ha fatto nascere la ribellione pacifica, ma non per questo meno incisiva, delle madri di Plaza de Mayo, il Community of Peace People fondato da Betty Williams e Mairead Connigan per una soluzione della guerra nordirlandese, la campagna instancabile di Malala Yousafza per il diritto all’istruzione, per citarne solo alcune. Accanto, ogni giorno, ci sono donne meno famose che tessono reti di ascolto e aiuto, mandano avanti organizzazioni di sostegno e anche questo è un modo diverso di occuparsi di conflitti.

Considerare i testicoli come un’onorificenza al merito vuol dire negare quella differenza. Ci pensi chi ha fondato su Facebook il gruppo «W le donne con le palle» e che di sé dice: «Avere le palle significa saper affrontare la vita con coraggio, trovando sempre la determinazione e la grinta per farcela! Ce la possimao fare!!!». Veramente quella forza le donne l’hanno sempre avuta, sennò il mondo andrebbe peggio di come va. Lasciamo i testicoli ai legittimi proprietari e non invochiamoli invano. Vive la difference!

mariangela.mianiti@gmail.​com