Professoressa Lorenza Carlassare, all’origine della manifestazione di oggi che lei ha promosso assieme a Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Maurizio Landini e Luigi Ciotti c’è tanto la preoccupazione per le riforme costituzionali proposte dal governo quanto una più generale critica allo stato della politica nel nostro paese. Quale dei due aspetti le pare più urgente?

Mi piacerebbe tenere assieme le due cose, per cui rispondo che la nostra intenzione è spingere chi è al potere ad attuare finalmente la Costituzione, oltre che a modificarla in quei punti sui quali da molto tempo e in maniera condivisa lo si propone. Insieme a questo abbiamo bisogno che si comprenda pienamente che la vita di ciascuno di noi è fortemente condizionata dal fatto che la Costituzione si applichi oppure no. È un documento che propone un progetto politico innovatore e attualissimo, ragione per cui applicarla finalmente vorrebbe dire avere una proposta politica diversa in grado di trasformare la società. Altrimenti rimane un documento di carta.

Guardando alle adesioni alla manifestazione di Roma si può pensare a uno schieramento politico in fase di organizzazione.

Non è così, penso che siamo stati chiarissimi sul punto. Non siamo – e non vogliamo essere – un movimento politico, non siamo un soggetto politico nuovo, rappresentiamo soltanto la speranza di mobilitare l’opinione pubblica perché chieda e ottenga politiche che si adeguino alle finalità che la Costituzione prevede. Quella che vogliamo è una politica diversa, dove siano visibili le aperture verso il futuro umano prefigurato dai costituenti. Una politica rispettosa della dignità degli esseri umani, della loro vita e di tutto quello che la qualifica, dal lavoro all’istruzione alla salute.

Eppure voi promotori siete sospettati di voler favorire la nascita di un nuovo «partitino».

Si tratta di accuse ripetute da qualche politico di cui non è il caso di curarsi. Meraviglia piuttosto che studiosi seri ci abbiano accusato di abbaiare contro tutti e di usare parole violente. Inviterei a leggere il nostro manifesto dove si dice semplicemente che invitiamo a riscoprire la politica e la sua bussola: la Costituzione. Se da altre parti sono venute critiche sguaiate non vedo cosa c’entriamo noi, che abbiamo sempre portato ragionamenti e argomenti seri in una discussione pacata.

Ha parlato di modifiche necessarie, la Costituzione dunque non è intoccabile?

Ci accusano di essere conservatori. Anche a me, che addirittura ero nella commissione dei «saggi» istituita dal governo, dalla quale mi sono dimessa per reazione alla serrata del parlamento imposta dal Pdl (e accettata dal Pd) in uno dei tanti passaggi giudiziari di Berlusconi. Sono favorevole ad alcune modifiche. È ampiamente condiviso che il bicameralismo sia da rivedere, che occorra una riduzione dei parlamentari, che la funzione di camera e senato vada differenziata, che sia necessario correggere il rapporto tra lo stato centrale e le regioni. Si poteva fare con semplicità. Senza la deroga alla procedura dell’articolo 138 che il governo sta imponendo.

Come giudica la relazione finale dei suoi (ex) colleghi «saggi»?

Potrei dire che non fa troppi danni, visto che sottolinea alcuni percorsi condivisibili e condivisi. Ma devo aggiungere che anche in quelle pagine fa capolino il filone autoritario che spinge per una concentrazione del potere nelle mani di pochi, possibilmente di uno solo, neutralizzando limiti e controlli. In Italia abbiamo già una concentrazione spaventosa del potere economico, concentrando ulteriormente il potere politico finiremmo fuori dal costituzionalismo liberale, vanto delle democrazie occidentali.

Per mediare tra presidenzialisti e parlamentaristi, i «saggi» hanno indicato la terza via del «premierato forte».

Si insiste sul modello verticista. Non solo allargando i poteri del «capo», come quello di sciogliere il parlamento. Ma anche sottolineando quello che non occorre sottolineare. Ad esempio, si vuole prevedere esplicitamente che il presidente del Consiglio possa revocare i membri del governo. A mio avviso e ad avviso di molti colleghi costituzionalisti questo può già essere fatto. Però si vuole la sanzione del comando. È un costituzionalismo alla rovescia: il costituzionalismo è sempre stato garanzia delle minoranze, previsione di limiti reciproci e divisione dei poteri, rispetto per l’indipendenza di ciascun potere dello Stato, magistratura compresa.

Il presidente del Consiglio Letta ha detto che alla base delle larghe intese e anche dello stallo del parlamento dopo le elezioni ci sono i limiti del nostro bicameralismo. Condivide?

È giusto ricordare che sul bicameralismo anche i costituenti erano assai incerti. C’erano proposte diverse, forse l’unica proposta corretta era quella di legare il senato alla rappresentanza delle diverse realtà territoriali. Quindi riconosco i limiti, ma non accetto che si vogliano mettere in carico alla Costituzione anche le mancanze dei partiti, magari anche i 101 franchi tiratori del Pd. È soprattutto questa legge elettorale indecente – che mi pare proprio non abbiano intenzione di cambiare – che ha aggravato i problemi. Il Porcellum è alla base della differenziazione tra camera e senato che rende impossibile la stabilità di governo. Il bicameralismo, poi, non ha niente a che vedere con la forma di governo parlamentare. È il rapporto del governo con con la camera o le camere che qualifica la forma di governo. Negli Stati uniti, ad esempio, le due camere hanno quasi gli stessi poteri (il senato qualcuno in più) pur non essendo un sistema parlamentare, ma presidenziale. E nel sistema presidenziale il presidente non è il capo assoluto, ma incontra limiti costituzionali forti nel potere legislativo e nel giudiziario; basti vedere la resistenza del Congresso sul bilancio e il braccio di ferro in corso. Insomma, chi dice che per modificare il bicameralismo bisogna necessariamente cambiare la forma di governo dice una cosa assolutamente falsa.

Cosa dice la costituzionalista di fronte alla strage di Lampedusa?

Tutto quello che può immaginare sotto il profilo della dignità umana, dei precisi obblighi di solidarietà sociale che sono stati ignorati. Ma anche che nella nostra Costituzione c’è scritto, all’articolo 11, che l’Italia ripudia la guerra. Se non vogliamo essere ipocriti bisogna andare alla radice del disastro: sono le guerre che producono i profughi che chiedono asilo. E non si può ripudiare la guerra senza mettere in discussione la produzione delle armi, la loro commercializzazione, l’investimento in sistemi d’arma costosissimi. Trovo insopportabili certe lamentazioni sui profughi che dimenticano il tradimento degli obiettivi costituzionali: «La pace e la giustizia fra le nazioni».

Cosa pensa del messaggio di Napolitano sulle carceri?

È significativo il ricorso alla forma solenne che pone in rilievo il contenuto del messaggio. La Costituzione impone il rispetto della persona umana in qualunque situazione si trovi, qualunque cosa abbia fatto, e ne prescrive la tutela soprattutto quando si trova in condizioni di soggezione. «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità», invece la condizione delle carceri distrugge la dignità del detenuto. Napolitano ha fatto bene, qualcuno ci ha voluto vedere finalità politiche nell’interesse di Berlusconi, ma è il parlamento che decide l’ampiezza dei provvedimenti di clemenza. I reati fiscali andranno certamente esclusi. Le leggi che gonfiano le carceri andranno abrogate, amnistia e indulto non sono il rimedio migliore e hanno effetti solo provvisori se non sono accompagnati da altre consistenti misure, ma a questo punto sembrano inevitabili. Napolitano ha ragione.