«Torno da mio marito perché non so dove andare a dormire con i miei figli» è quello che spesso dicono le donne che si rivolgono al centro antiviolenza Artemide di Poggiomarino, 21mila abitanti alle falde del Vesuvio. Tornano dal partner che le maltratta perché non hanno un reddito, una casa o dei risparmi e neppure una famiglia d’origine a cui rivolgersi.

«Abbiamo aperto lo sportello nel 2012 – spiega l’avvocata Rosita Pepe, presidentessa dell’associazione che gestisce il centro -, ogni anno arrivano tra le 50 e le 70 donne, copriamo l’intera area vesuviana perché siamo l’unica realtà nella zona. Otto su dieci non riescono a liberarsi dagli abusi perché non hanno autonomia economica. Così abbiamo deciso che per aiutarle davvero dovevamo occuparci anche di questo».

Giovedì a Poggiomarino ha aperto le porte Viva Bistrot, un locale che offre gastronomia di qualità ma, soprattutto, un luogo dedicato alle donne: lo gestisce la cooperativa Viola, la presidentessa è un ex vittima di maltrattamenti, con lei ci sono altre due socie che si sono ribellate ai rispettivi tormentatori, accanto hanno volontarie e professionisti che le seguiranno nel percorso imprenditoriale.

I capitali per iniziare li hanno avuti dal fondo per il microcredito e da Coop Fond, che le ha anche accompagnate nella realizzazione del progetto imprenditoriale, circa 45mila euro totali che andranno però restituiti.

La violenza sulle donne è un fenomeno trasversale, come dimostrano le statistiche: a Napoli città i soli centri comunali hanno in carico 440 assistite, ma è solo un pezzo del puzzle perché poi ci sono i centri privati e, naturalmente, non tutte denunciano.

Nell’hinterland non va meglio: «Accade in contesti difficili così come nella borghesia o alle studentesse – continua Pepe -. La maggior parte dei maschi che abusano delle compagne ha vissuto in un contesto di violenza assistita ossia sono stati spettatori di maltrattamenti, fisici, verbali, psicologici, sessuali o economici, su persone a loro vicine. Poi ci sono quelli che sfogano le difficoltà lavorative a casa o la gelosia patologica. Spesso chiediamo “perché ti ha picchiata?” e ci rispondono con frasi tipo “la radio non era al posto giusto”».

Molte delle donne abusate vivono vite compresse nelle mura di casa, senza la possibilità di accedere a percorsi formativi per ottenere un lavoro. Le donne della coop Viola si sono coalizzate grazie allo sportello antiviolenza. La presidente ha fatto mille mestieri, carrozziere, falegname, operaia, ma nelle tasche non aveva mai un soldo per lei o per i figli, finiva tutto al marito disoccupato e violento. Violento era anche il compagno di una delle socie della cooperativa, costretta a rimanere reclusa in casa da un marito stalker che ha provato persino a darle fuoco.

Il percorso per emanciparsi è difficile: «Chi arriva al centro Artemide – spiega l’avvocata Grazia Acanfora – ottiene in modo gratuito sostegno psicologico e supporto legale. Ma per liberarsi davvero hanno anche bisogno di un lavoro dignitoso». Ottenere giustizia nelle aule del tribunale non è semplice: «I procedimenti sono difficili e dolorosi – conclude -, spesso il contesto sociale e familiare è poco propenso a credere alle donne. E poi i tempi della giustizia sono lunghissimi, non avere un reddito può diventare disastroso».