Un incontro che ha deluso le associazioni, quello che si è svolto ieri a Mef tra le «vittime del salvabanche» e il governo rappresentato dal ministro dei rapporti con il parlamento, il 5S Riccardo Fraccaro, e i sottosegretari all’Economia Massimo Bitonci (Lega) e Alessio Villarosa (M5S). Le norme inserite nella manovra sui risarcimenti dei risparmiatori colpiti dai crack «sono molto carenti» e rischiano di creare «un pantano legale» dal quale sarà difficile uscire con un risultato, pensano le associazioni che raccolgono gli obbligazionisti e gli azionisti delle 4 banche andate in default nel 2015, di Veneto Banca e di Popolare di Vicenza.

La legge di bilancio stanzia 1,5 miliardi di euro in tre anni per i ristori. La cifra è alta, ma le associazioni chiedono semplificazioni. Tra l’altro, di eliminare la necessità per chi chiede il risarcimento di dimostrare il «misselling», ovvero la violazione delle norme del Tuf da parte della banca. C’è poi la questione dello «scudo»: in caso di accettazione del rimborso del 30%, gli azionisti devono rinunciare eventuali cause civili o penali nei confronti di Consob, Bankitalia o degli amministratori degli istituti. Così non sarà possibile alcuna rivalsa sul restante 70%. Luigi Ugone, presidente dell’associazione Noi che credevamo nella Bpvi, ha riferito che Bitonci «ci ha detto che prima quel comma non c’era, è stato aggiunto, in pratica ha rievocato la manina». Ma il governo ha assicurato che eliminerà lo «scudo» con un emendamento.

L’Huffpost ha pubblicato un video in cui Andrea Arman, presidente del coordinamento dei soci degli istituti veneti, si rivolge così a Villarosa: «Quando siete venuti a chiedere il voto la cortesia l’avevate. Lei oggi non ha neppure la cortesia di ascoltare chi i voti ve li ha portati».