I nazisti li sterminarono nei campi di concentramento tedeschi e polacchi, insieme a ebrei, zingari, gay, disabili e tutte le altre categorie di “sottouomini” condannati a morte dal Terzo Reich. Finora sono stati sempre dimenticati nelle giornate della Memoria, come nella dedica di targhe o monumenti.

Giovedì scorso il Bundestag ha finalmente riconosciuto ufficialmente la persecuzione dei cosiddetti «Asociali», costretti prima alla pubblica umiliazione, poi al lavoro coatto e infine torturati e uccisi. Finiti in massa nei Lager oppure morti durante le marce forzate, nella Germania nazionalsocialista erano considerati «criminali di professione» irrecuperabili. Si trattava, invece, di decine di migliaia di disoccupati cronici, artisti, alternativi o irriducibili al regime dipinti dai nazisti come «inadatti al lavoro e a vivere nella società». Settantacinque anni dopo la liberazione del campo di Auschwitz, la Repubblica federale trova un posto per la tragedia degli “Asi”, grazie soprattutto alla tenacia di Frank Nonnenmacher che è riuscito a far passare la petizione lanciata due anni fa raccogliendo oltre 20 mila firme per ricordare «le vittime più dimenticate».