«In uno studio, un giovane solo è in attesa. Entra la fanciulla che era la causa della sua infelicità…». Inizia così il fulminante soggetto scritto da Jean Cocteau nel 1946 per il giovane coreografo Roland Petit. La fanciulla porterà il giovane al suicidio e condurrà l’impiccato tra i tetti di Parigi. Diciassette minuti di balletto, un capolavoro dell’esistenzialismo, provato su canzoni jazz, e poi danzato sulla Passacaglia in do minore di Bach orchestrata da Respighi. Una scena piena di oggetti e mobili, un divano sfatto, sedie di legno, un tavolo. Lui in salopette, l’orologio al braccio per controllare le ore, lei, in vestitino corto giallo e guanti neri, capelli a caschetto color ebano, ai piedi un paio di punte inviperite.

Nello scenario originario di Georges Wakhévitch, nei costumi ideati per il 1946 da Barbara Karinska, Le Jeune Homme et la Mort di Roland Petit, rimontato da Luigi Bonino, è in questi giorni in scena all’Opera di Firenze, seconda parte di una serata tra opera e balletto, aperta dal Dido and Aeneas di Purcell nell’allestimento della Fondazione Arena di Verona.

La fanciulla è Alessandra Ferri, le jeune homme è Yonah Acosta (domani e martedì sarà Denys Cherevychko, entrambi hanno sostituito Herman Cornejo, infortunato). Acosta è un ballerino cubano, uscito dalla Scuola del Ballet Nacional de Cuba di Alicia Alonso, oggi Principal Dancer dell’English National Ballet. Aspetta, sdraiato sul divano, che arrivi la fanciulla ragione della sua disperazione. È un ruolo giocato su potenza e drammaticità, un mix sorprendente di forza e tragicità. Non facile, tant’è che negli anni lo hanno danzato artisti come Baryshnikov e Nureyev, due belve del palcoscenico.

Ferri è nel suo: appare improvvisamente da una porta, le punte ardite bloccate in seconda posizione, lo sguardo che è una sfida. Trascina il giovane con la certezza di chi sa di avere in suo potere l’altro. Lo rigira come vuole a colpi di punta, ad andature seduttive, a développés rapinosi. Petit era un maestro a raccontare con la danza, passi asciutti, ma determinati. La giovane gioca con la vittima, intorno a una sedia, per la stanza, lo tortura, concedendosi con mosse esplicite, per poi ridere e fuggire dopo aver preparato il cappio. Ferri ha il balletto nell’anima, Acosta, gran virtuoso, può e deve crescere nelle sfaccettature espressive. Un titolo esemplare, accolto con successo all’Opera di Firenze: tanti gli applausi per la coppia, in primis per Alessandra, un’artista mai dimenticata.