“Certo che ci vuole coraggio. Tu stai lì, sul marciapiede, che non puoi neanche oltrepassare la linea gialla e nonostante tutto trovi la forza di buttarti di sotto, e non è facile, perché non c’è qualcuno che sta lì e batte le mani e ti grida buttati dai buttati…”. Inizia così La Merda, spettacolo teatrale di Cristian Ceresoli interpretato dalla sola Silvia Gallerano. La Merda è un testo, violento e senza pietà. Colpisce come una pallottola non solo nello stomaco ma anche e soprattutto nel cervello, sviscerando paure, stordimenti, buchi esistenziali, violenze di ogni genere che albergano nell’inconscio di ogni spettatore. Ancor più se donna. Perché sul palco, nuda di una nudità tanto animale quanto formale c’è lei, la protagonista disposta a tutto pur di vincere il premio dello schermo televisivo. Lei capace di auto violentarsi e farsi violentare come pegno.

Lei, che vuol fare l’attrice ma potrebbe essere la postina o l’impiegata di banca. Lei che è tutte queste donne che vagano riempiendosi la testa di immagini di loro stesse senza cogliere, mai, l’essenza della loro verità. E tutt’intorno la spregiudicatezza di un mondo che non ha e non vuole più limiti, che dell’essere umano ne fa polpette da defecare il più in fretta possibile. La Merda “una parola che si dice spesso e che non si scrive mai” e che proprio in questa ragione trova un boicottaggio assurdo da parte dei media italiani. Infatti, se all’estero è un vero e proprio caso, da noi obbligatoriamente conserva una dimensione underground, seppur seguitissima, proprio per il bacchettonaggio culturale di fondo che caratterizza l’immobilismo dello stivale. Eppure tutti dovrebbero vedere La Merda, sentirne l’odore acre cui ci si abitua facilmente, percepirne la disperazione e l’oltraggio al quale ci sottopone.

Un’opera scritta in poesia dal regista Ceresoli in totale fusione con Silvia Gallerano, costruita su di lei e per lei “è il frutto della collaborazione tra due artisti che volevano fare questo progetto insieme. Molto incentrata sul femminile ma allo stesso tempo assolutamente compatibile col trauma maschile” racconta Ceresoli “è la tragedia umana, la difficoltà è l’impossibilità di essere quello che potremmo essere mentre cerchiamo di essere altro. Si tratta di quel tipo di distaccamento, di cui già parlava Pasolini, che ci ha trasformato in tanti fantocci”. In sottofondo: l’Italia. con l’Inno di Mameli che il padre suicida della protagonista la obbliga a cantare, con gli show romanacci e i produttori viscidi, la mamma e gli agnolotti, le cosce grosse incubo motivazionale dell’aspirante attrice, con la paghetta infilata in mano a te che non puoi riuscire a mantenerti.

Con la bandiera tricolore, unica veste indossata, nel finale, sotto lo scroscio degli applausi. Lo spettacolo è stato tradotto in inglese, danese, portoghese brasiliano, spagnolo e ceco, ed è in corso di traduzione in francese. Il testo è pubblicato in edizione bilingue Italiano–Inglese dalla Oberon Books di Londra. Tutta la frustrazione è paese. La Merda si trova nuovamente in partenza per una tournée all’estero, il 12 maggio sarà a Vilnius in Lituania.