Una zona di casermoni popolari della periferia di Haifa, non lontano dal quartiere di Neve Shaanan. È qui che crescono giocando a pallone negli arruffati spazi verdi che separano un palazzo dall’altro cinque ragazzini diversi per storia e origini ma destinati a diventare adulti insieme, rinnovando nel tempo quel vincolo di complicità e affetto che hanno implicitamente sottoscritto fin da quando coltivano dei ricordi comuni.

BENNI, GIDEON, ZION, Yoram e Arik, l’io narrante delle loro vicende – i protagonisti di Per lei volano gli eroi (Neri Pozza, pp. 622, euro 21, traduzione di Raffaella Scardi) di Amir Gutfreund -, sono nati all’inizio degli anni Sessanta in un Paese, Israele, dove la normalità continua a misurarsi con la guerra e un conflitto tutt’ora irrisolto che fa da sfondo alle traiettorie personali, alle scoperte e alle inquietudini dell’adolescenza, come ai ritmi della vita familiare.

Così, annota Arik, «nel mio mondo Nasser (il leader egiziano che avrebbe guidato a lungo la «causa araba» contro Israele, ndr) era uno dei tanti cattivi, e non il peggiore. Non aveva occhi capaci di emettere raggi X né mani cosparse di veleno appiccicoso (…). Combattenti del calibro di Tarzan, Patric Kim, Bruce Lee e Maciste si scontravano con cattivi furbissimi, i quali commettevano nefandezze ben più gravi». Mentre solo pochi anni più tardi, la tragedia può trovare degli insospettabili risvolti personali. «Il 1973 non fu un anno buono per i combattenti. A luglio morì all’improvviso Bruce Lee, l’artista del kung fu, ancora giovanissimo. Poco dopo, durante la guerra del Kippur, caddero 2350 dei nostri soldati».

Allo stesso modo, anche i protagonisti della politica nazionale scandiscono con le loro apparizioni il tran tran domestico. Dopo la sua elezione alla guida del Paese nel 1969, ad esempio, Golda Meir è chiamata di continuo a testimone durante le discussioni con il marito da parte della madre di uno dei ragazzi. «A casa di Golda diresti una cosa del genere?». «Golda organizzerebbe a casa sua il Sedar di Pesach per tutto il parentado solo perché qualcun altro ha deciso che quest’anno è il suo turno?». E anche la scoperta dell’hashish da parte di uno di loro, arrivata di lì a qualche tempo, «dentro uno spinello nella mano delicata di una volontaria danese in un kibbutz», fa presagire al genitore guai a non finire: il «crollo d’Israele, ebrei in catene e prigionia».

Amir Gutfreund

MA GLI ANNI PASSANO, i ragazzi crescono, non sempre l’ironia riesce a mitigare il contesto difficile nel quale si muovono. Tra loro c’è chi proviene da famiglie originarie dell’Europa orientale che coltivano anche nell’intimità della casa i tragici ricordi della Shoah. Arriva il tempo delle cartoline precetto, della prova del fuoco di una guerra ricorrente che si percepisce come «difensiva» anche quando in alcuni fa nascere quesiti su quali basi stia dando ad una reale convivenza con gli arabi. Tra loro c’è chi si è sposato, chi ha scelto la religione, chi ancora insegue i sogni incompiuti della giovinezza. Non tutti i legami sono rimasti gli stessi, anche il vincolo che gli era parso insolubile un tempo rischia di cedere sotto il peso del tempo trascorso, le incomprensioni che si sono accumulate senza che ci fosse l’occasione di chiarirle fino in fondo.

Trent’anni dopo il loro primo incontro, a metà degli anni Novanta, sarà la scomparsa di Michal, la sorella di Benni, vittima di una setta con base a Chicago guidata da un ex soldato israeliano trasformatosi in un sinistro guru dopo la guerra del Kippur, forse l’ennesima «vittima» del conflitto, a mettere nuovamente alla prova la loro amicizia, sfidando quella capacità di prendersi cura l’uno dell’altro che li aveva contraddistinti così a lungo.

CONSIDERATO uno dei titoli più significativi della letteratura israeliana degli ultimi decenni, fu pubblicato nel Paese nel 2008, Per lei volano gli eroi (da cui è tratta l’omonima serie prodotta da Netflix) è tra i capolavori di Amir Gutfreund, un autore scomparso nel 2015 a soli 52 anni, arrivato alla scrittura dopo una laurea in matematica e un periodo come ufficiale d’aviazione. Figlio di due operai polacchi sopravvissuti alla Shoah e figura della sinistra particolarmente amata dal pubblico israeliano, Gutfreund ha raccontato in una mezza dozzina di opere diverse generazioni di cittadini dello Stato ebraico, dai superstiti del genocidio ai giovani cresciuti nelle comunità ebraiche dei Paesi arabi, descrivendo inquietudini e speranze, paure e sogni senza mai dimenticare la delicatezza e l’ironia.