“Giù le mani dalle nostre mance”. Questo, in breve, il succo del messaggio firmato da centinaia di cameriere/i e baristi newyorkesi in risposta alla campagna di sedici attrici hollywoodiane presso il governatore Andrew Cuomo.

IN UNA LETTERA firmata un paio di settimane fa, tra le altre, da Sarah Jessica Parker, Jane Fonda, Natalie Portman, Lily Tomlin e Reese Whiterspoon, le star chiedevano al governatore dello stato di New York di istituire il minimo garantito a cameriere, baristi ed estetiste -categorie lavorative le cui paghe orarie non rientrano nella legge sul salario minimo in quanto le loro entrare sono integrate da mance. Nella loro lettera, in supporto di una paga oraria unica, le attrici notavano che il 70 % dei lavoratori che servono a tavola sono donne e che “il fatto che la loro paga dipenda dalle mance crea le premesse di un ambiente di lavoro permissivo in cui i clienti si sentono autorizzati ad abusare le donne in cambio di “servizi” … Le donne meritano di avere una contribuzione adeguata così che le mance che collezionano comunque non implichino un costo personale”.

Se questo gruppetto di ben intenzionate, che fanno capo all’organizzazione Time’s Up, si aspettava di essere ringraziato sbagliava di grosso.

LA RISPOSTA, siglata da più di cinquecento donne che lavorano nell’industria della ristorazione di New York, è stata molto chiara: “Grazie della vostra preoccupazione, ma non abbiamo bisogno del vostro aiuto e non stiamo chiedendo di essere salvate…Possiamo esprimere la nostra opinione sui vostri film e voi potete esprimerla sul cibo che si serviamo e sulla qualità del servizio. Ma non avete il diritto di dettare come siamo pagate. Camerieri e baristi non sono mai stati pagati “come” gli altri e ci va bene così. Siamo pagati in base alle vendite e al servizio; abbiamo un salario minimo garantito e le mance permettono di guadagnare molto di più. I cattivi comportamenti ci sono in ogni industria -e Hollywood dovrebbe sapere meglio di altri che lo stesso vale anche per le molestie sessuali”.

DALLA TV, al cinema, alla letteratura l’aneddotica della “vita da cameriere a New York” è ricca e folcloristica -uno dei più inscalfibili esempi di libera impresa personale che ti permette di lavorare anche brevi periodi e/o il numero di giorni alla settimana che vuoi, e che si può combinare con altre occupazioni, come la recitazione per esempio. Avvistare attori/attrici emergenti dietro al bancone di un bar o dietro al piatto fumante che ti stanno servendo non è una rarità. Infatti, viene da chiedersi se Fonda, Witherspoon e socie non avrebbero dovuto aspettarsi una reazione del genere (a Los Angeles è un cliché’ che dietro a ogni barista si celi uno sceneggiatore e dietro a ogni cameriera un’attrice tra un’audizione e l’altra). Certo, la varietà, la qualità, i prezzi e l’aura della scena dei ristoranti/bar newyorkesi alzano l’offerta e le cifre delle mance. Ma anche nei ristoranti non stellati si può ritagliare di che vivere abbastanza bene -chi scrive, nel 1987, portava a casa fino a 150 dollari in mance al giorno servendo esecrabili piatti italoamericani in uno scadente ristorante chiamato Vesuvio, dove c’era un albanese a fare la pizza. Non è la prima volta che a New York si parla di riformare il sistema delle mance nei bar e nei ristoranti (per legge il minimo che si vede al servizio è il 16%) che, a fine serata, incidono notevolmente sul conto e sono in genere sgradite ai turisti, che magari non se le aspettano. I padroni di alcune catene di ristoranti costosi lo hanno già fatto. Ma per ore, il movimento di cameriere/i e baristi/e tiene duro. In barba al Time’s Up.

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