Ho sempre amato la letteratura animale. Uno dei miei romanzi preferiti è un’opera considerata minore di Carlo Cassola, Il superstite, viaggiava nella piccola libreria di mia madre in un’edizione con una testa di cane lupo disegnata in copertina, che mi fissa da allora. Lo lessi da ragazzino e da tre decenni ci ritorno dentro, ritualmente. Da poco invece ho letto un altro racconto a tema di Cassola, L’uomo e il cane, spietato ritratto dell’antico mondo contadino nel quale sono affondate le delle radici della mia gente. Alcuni mesi fa invece lessi la storia di un cane, commovente e minimalista, la sua intera vita, dalla nascita alla morte, Il cane che osava sognare, del coreano Sun-Mi Hwang. E, da buzzatiano d’antica fattura, come dimenticare l’anziana gazza ladra de Il segreto del Bosco Vecchio a cui piaceva comporre poesie? Oppure le visioni e le descrizioni feline di William Burroughs raccolte nella miscellanea The cat inside?

È curioso constatare come certi autori siano in grado di calarsi nelle pelle e negli istinti primari di un cane, di un gatto, di un pesce, riuscendo nell’impresa di descrivere con sguardo entomologico la severità di ogni esistenza, rispolverando ottocentesche visioni veriste e realiste, ma senza precipitare nel qualunquismo, in una visione apocalittica o ancora in un compiaciuto moralismo. Anzi, la scrittura si snellisce, si ossifica, ogni azione e pensiero si riduce all’essenziale. Ed è infatti in questo processo che Folco Terzani ha scritto la favola Il Cane, il Lupo e Dio, appena uscita per Longanesi e magnificamente illustrata da Nicola Magrin, uno dei nostri più capaci artisti che ha regalato le immagini in copertina di autori quali Paolo Cognetti e Matteo Righetto, oltre che alle voci classiche di Primo Levi, Jack London e Tiziano Terzani.

Il senso del racconto ha per perno un principio: la fiducia. Vivere e attraversare la vita senza dannarsi per accatastare, ripararsi o proteggersi, qualcosa arriverà comunque.

L’intera storia che Terzani racconta insegue le orme, i passi, i balzi, i fiati di un cane che viene abbandonato dal proprio padrone. A salvarlo ci sarà un lupo e il suo piccolo branco, insieme attraverseranno il mondo extra-urbano, con l’obiettivo di arrivare in cima alla Montagna della Luna, là dove tutto è concesso senza alcuna fatica. Il protagonista incontrerà altri animali, imparerà la dura lezione della predazione delle vite altrui per sopravvivere alla fame e scampare la morte. Ammirerà cascate e fiumi, nebbie e lampi, stelle e terremoti. Rivedrà la città e tornerà per poco ad essere un cane con un padrone per scegliere d’essere un cane libero. Raramente mi è capitato di navigare una scrittura così lucida ed essenziale e mi auguro che un libro così prezioso possa presto diventare un classico nelle nostre scuole.