Nel video pubblicato dal ministro per i rapporti con il parlamento Fraccaro, Rocco Casalino passa un calice con le bollicine al vice presidente del Consiglio Di Maio, mentre all’esterno del senato con palloncini gialli e cartelli i parlamentari del Movimento 5 Stelle esultano per il taglio retroattivo dei vitalizi agli ex senatori. Taglio? Molto di più, secondo lo stesso Fraccaro, che si vede gioire ed entusiasmarsi in abbracci come un calciatore dopo il gol: «Con la cancellazione dei vitalizi anche al senato si può archiviare la seconda Repubblica». Conferma Di Maio, e rilancia: «Non deve restare nemmeno un vitalizio in Italia». E non solo, perché la delegazione grillina a Bruxelles vuole partecipare alla festa: «Prossimo obiettivo il parlamento europeo dove i privilegi e la casta resistono ancora».

Limitandoci all’Italia, Di Maio è convinto di aver trovato il modo di tagliare anche i vitalizi degli ex consiglieri regionali. Per la verità il governo ha annunciato di averlo già fatto, nel comunicato di palazzo Chigi con il quale nella notte tra lunedì e martedì si dava notizia dell’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del decreto «deburocratizzazione» che comprenderebbe il «blocco del trasferimento dei fondi per i vitalizi alle regioni che non ne prevederanno l’abolizione». Un tentativo assai spericolato di superare la competenza regionale sulla materia: non ci sono trasferimenti statali esplicitamente indirizzati a coprire i vitalizi – e del resto sarebbe illogico non bloccare quelli delle regioni che prevederanno l’abolizione. Alle prime luci del giorno, ieri, Di Maio offriva già una versione diversa della storia: «Nella manovra che stiamo coordinando nel testo ci sarà una norma che dice alle regioni che se non tagliano i vitalizi non gli trasferiamo più i soldi per pagarli». Manovra o decreto, ormai è di abitudine dover aspettare giorni per sapere cosa il governo ha approvato. Ma una regione che ha da tempo messo un tetto ai vitalizi dei consiglieri, il Trentino Alto Adige, vede la sua decisione messa in discussione davanti alla Corte costituzionale: il giudizio è previsto entro l’anno ed essendo sulla natura dell’istituto potrebbe avere effetti anche sulla novità festeggiata ieri in piazza dai grillini.

Con tre mesi di ritardo rispetto alla camera, il Consiglio di presidenza del senato ha dunque deciso di recepire la stessa delibera di Montecitorio. La presidente Casellati ha evidentemente subito la decisione, non ha commentato in alcun modo mentre il suo collega Fico si è congratulato. I 5 Stelle tenevano moltissimo che a palazzo Madama si approvasse una delibera identica a quella della camera – malgrado nel frattempo il Consiglio di Stato avesse suggerito prudenza – perché un regime diverso avrebbe dato altri argomenti ai parlamentari ricorrenti. Adesso anche gli ex senatori dovranno rivolgersi agli organi di giustizia interni (quello del senato è stato appena nominato, con un presidente non di maggioranza), senza alcuna speranza però di ricevere una risposta prima del prossimo 1 gennaio quando scatteranno i tagli. Eventualità remota anche per i circa 1.200 ex deputati ricorrenti su 1.400, mentre almeno per i casi urgenti (ci sono ultranovantenni e invalidi totali che vedranno l’assegno mensile ridursi a un quarto dell’attuale) possono sperare in una sospensiva. Sull’esito finale poche illusioni, dal momento che il «tribunale» interno di Montecitorio (ma anche di palazzo Madama) è a maggioranza gialloverde. «Con le stesse sensibilità politiche» di chi ha deciso i tagli, come si è occupato di ricordare Di Maio in televisione. Ma l’obiettivo degli ex deputati che hanno in questi giorni concluso il deposito dei i ricorsi a Montecitorio è quello di arrivare alla Cassazione e poi alla Consulta.

Per effetto della deliberazione di ieri del Consiglio di presidenza del senato – non una cancellazione dei vitalizi, ma una riduzione da applicazione retroattiva del metodo di calcolo contributivo – l’Inps (che ha suggerito la delibera) calcola un risparmio di 15 milioni l’anno (su un bilancio di 500). Si somma ai 40 milioni della camera, mentre dalle regioni potrebbero arrivare 55 milioni. Solo i dieci rappresentanti di Lega e M5S hanno votato a favore, i sei di Forza Italia, Leu e Pd non hanno partecipato al voto (un errore secondo il senatore Cerno del Pd, per il quale si tratta di una decisione «sacrosanta»).