Sul taglio dei vitalizi degli ex parlamentari, due mesi di approfondimenti avevano indirizzato il senato lungo una strada diversa da quella seguita alla camera. E invece ieri pomeriggio nel consiglio di presidenza di palazzo Madama, la forza dei numeri giallo-verdi ha cancellato tutto il lavoro fatto e imposto l’adozione della stessa identica delibera approvata il 12 luglio dall’ufficio di presidenza della camera.

Per ora è solo un testo base, ma a questo punto è assai probabile che entro la fine del mese diventi una delibera definitiva, destinata anche in questo caso a entrare in vigore dal prossimo primo gennaio. Così come per la camera, dunque, una valanga di ricorsi si annuncia anche da parte degli ex senatori. A subire il taglio dell’assegno dovrebbero essere poco più di un migliaio tra ex senatori e coniugi sopravvissuti di ex senatori (titolari di assegno di reversibilità), per un risparmio che il presidente dell’Inps Boeri ha recentemente stimato in circa 15 milioni l’anno (il bilancio annuale di palazzo Madama vale quasi 35 volte tanto).

Ma adesso rispetto al momento in cui a Montecitorio fu adottata la «delibera Fico», dal nome del presidente della camera che l’ha fortemente voluta, c’erano altri elementi di valutazione. Innanzitutto il parere del Consiglio di stato richiesto proprio dalla presidente del senato: l’organo di alta consulenza aveva sconsigliato di procedere con delibera dell’ufficio di presidenza (non escludendo che fosse possibile, ma indicando la via del disegno di legge come strada maestra) e soprattutto aveva avvertito dei rischi di incostituzionalità di un intervento retroattivo. I senatori ieri pomeriggio avevano a disposizione anche i ricorsi che gli deputati – quasi tutti i 1.400 che perderanno dall’1 al 90% dell’assegno – stanno depositando alla camera, nei quali si insiste sulla illegittimità formale e impraticabilità tecnica di un’applicazione retroattiva del metodo contributivo. Eppure hanno scelto di andare avanti comunque.

Per la precisione lo hanno deciso da soli i componenti del consiglio di presidenza di Lega e 5 Stelle, dal momento che gli altri, tutti quelli di minoranza, hanno preferito non partecipare al voto quando è stata rifiutata la proposta di poter sottoporre a votazione anche proposte alternative alla «delibera Fico». Sarebbe stata una conta inutile, dal momento che leghisti e grillini si sono assicurati – quando ancora non erano assieme al governo – la maggioranza assoluta del consiglio, dieci voti su diciotto (compreso la presidente che in genere non vota).

Poco spazio dunque per possibili emendamenti alla delibera, andranno presentati entro il15 ottobre e la discussione comincerà il giorno successivo. Anche perché leghisti e grillini temono che se il senato adottasse una delibera diversa da quella della camera, questo darebbe ulteriori argomenti agli ex che intendono ricorrere. Sui ricorsi decidono gli organi di giustizia interni di primo e secondo grado che al senato a differenza della camera devono ancora essere nominati.