Vitalizi e referendum. Ne ha parlato Luigi Di Maio in Sicilia durante il fine settimana, i 5 Stelle intendono cominciare da lì.

Soprattutto dai vitalizi, perché il taglio degli assegni agli ex parlamentari è considerato un obiettivo più a portata di mano rispetto all’introduzione di forme di democrazia diretta. Per le quali non basta aver rinominato il ministro, Fraccaro, ma servono leggi di revisione costituzionale che prevedono un lungo iter.

Ma sui vitalizi i grillini stanno incontrando difficoltà.

Una delle ultime è proprio legata a Fraccaro, che promosso ministro deve lasciare il posto di questore a Montecitorio. Come lui deve farlo anche il vicepresidente della camera Fontana, neo ministro leghista della famiglia.

L’ufficio di presidenza va ricostituito e certo il Pd tornerà alla carica, prevedibilmente invano, per avere quel questore che per la prima volta è stato negato al secondo gruppo parlamentare per consistenza.

L’ufficio di presidenza è un fortino sul quale i 5 Stelle vogliono mantenere il controllo , con l’alleato leghista adesso hanno 10 senatori su 18 e 11 deputati su 18 nei due organismi.

Numeri necessari perché l’intenzione è quella di procedere al taglio dei vitalizi – mediante applicazione retroattiva del sistema contributivo integrale – con una semplice delibera approvata in maggioranza nell’ufficio di presidenza.

Non una legge, come secondo molti costituzionalisti ascoltati nella scorsa legislatura si dovrebbe fare, perché così risulterà più difficile il ricorso alla corte costituzionale – le cui sentenze in passato escludono la possibilità di attaccare in questo modo i diritti acquisiti.

I dossier preparati dagli uffici studi di camera e soprattutto senato hanno sollevato però più di un ostacolo procedurale alla marcia grillina.

E non mancano difficoltà pratiche: in alcuni casi l’assegno potrebbe addirittura salire, in altri – soprattutto quelli di reversibilità – scenderebbe al di sotto di una soglia dignitosa, nel complesso il risparmio sarebbe molto limitato.

O potrebbe addirittura non esserci, visto che gli ex parlamentari rivendicherebbero la restituzione delle imposte pagate sulla base del vecchio assegno e dei contributi di solidarietà che hanno versato negli anni.

Tutto questo l’associazione ex parlamentari lo ha fatto presente ieri al presidente della camera Fico, in un incontro che però non ha registrato un avvicinamento delle posizioni.

Sul fronte della democrazia diretta, invece, i 5 Stelle hanno un vasto programma. Che prevede l’abolizione integrale del quorum per i referendum abrogativi, per la quale è necessario cambiare l’articolo 75 della costituzione.

Se può dirsi condivisa l’esigenza di depotenziare la propaganda astensionista – e quindi rivedere al ribasso il quorum di validità – fino a qui i costituzionalisti non si erano spinti a proporre l’abolizione completa del quorum per non lasciare i referendum in balia di una bassissima partecipazione.

I 5 Stelle propongono anche di introdurre i referendum propositivi, che non escludono qualche rischio soprattutto se anche in questo caso non si prevede un quorum di validità.

Questa passione grillina per i referendum non è stata sempre costante, se si ricorda la scelta della sindaca di Roma di impedire il referendum consultivo sulle olimpiadi e poi le manovre per rinviare il referendum sulla messa a gara dei servizi di trasporto che ha atteso quasi un anno per essere fissato.

Si dovrebbe adesso tenere l’11 novembre, lontano da altre consultazioni che avrebbero potuto favorire la partecipazioni e contenere i costi.

Infine i 5 Stelle intendono rafforzare l’istituto delle leggi di iniziativa popolare, prevedendo l’obbligo per le camere di discutere le proposte dei cittadini.

Obbligo che già esiste per il senato della Repubblica dopo la modifica del regolamento varata sul finire della scorsa legislatura. E non esiste invece nel regolamento della camera, perché una modifica analoga è stata fermata anche grazie al parere contrario dei deputati grillini.