Era il 2011 quando il popolo siriano, nell’ampio respiro della così detta primavera araba, manifesta in maniera pacifica la volontà di essere libero dalla dittatura di Bashar al-Assad. La repressione sanguinosa delle manifestazioni ha scatenato un conflitto che ha fatto cadere dal cielo bombe e armi chimiche su tutta la Siria, decimando una popolazione costretta a fuggire e vivere senza aiuti nei paesi confinanti o restare e sopravvivere a una guerra civile alimentata da governi internazionali. Oggi a distanza di dieci anni il popolo siriano vive tra le macerie con un’economia distrutta e una vita senza tutele, cultura e istruzione come denunciano le illustrazioni di Amany al-Ali nella mostra Vita su una gamba sola. 10 anni di guerra in Siria a Lecce nell’ex convitto Palmieri fino al 25 luglio.

«Ho iniziato a disegnare vignette satiriche nel 2016 cercando di raccontare la difficile situazione che i siriani vivono, sia nelle aree liberate sia nelle zone ancora sotto il regime – racconta la giovane illustratrice in collegamento da Idlib durante l’inaugurazione della mostra – La rivoluzione è stata l’espediente per avvicinarmi alla satira e far luce sui problemi politici soprattutto internazionali che la Siria vive oggi, infatti, ho tratto il titolo della mostra dalla storia di un bambino che ha perso una gamba a causa di un missile russo caduto sulla sua casa. Negli ultimi dieci anni la Siria è cambiata molto e il presidente Assad ha mostrato il suo vero volto: ha distrutto il nostro paese con bombardamenti aerei e armi vietate, grazie anche agli alleati a cui ha chiesto aiuto».
Nata in Arabia Saudita nel 1984, Amany al-Ali vive nella Siria nord-occidentale, vicino al confine con la Turchia dove, sotto continue minacce di morte da parte del regime e dei gruppi fondamentalisti, racconta con le sue vignette le brutalità subite dai gruppi estremisti e le violenze perpetrate dal regime e dalle forze straniere presenti in Siria.

«A sei anni dell’intervento della Russia, Bashar ha assunto un ruolo secondario portando avanti solo uccisioni e distruzione bombardando i ribelli e allo stesso tempo per punire la popolazione. In più arma e addestra gli agenti dell’Isis e gli altri gruppi estremisti a perpetrare abusi contro la popolazione sotto il loro controllo».

La mostra, promossa e organizzata dall’associazione Diffondiamo Idee di Valore e dal festival Conversazioni sul futuro, raccoglie le illustrazioni digitali disegnate nel 2020 da Amany al-Ali che affida a un tratto veloce e sicuro i temi più difficili del conflitto: « Ogni tavola è dedicata alla sofferenza che il popolo siriano deve vivere non solo per gli scontri a fuoco ma soprattutto l’indigenza, i soprusi e la mancanza di un futuro per i bambini. Da quando il conflitto è scoppiato le città si sono trasformate in campi profughi dove molto spesso le milizie armate impediscono l’arrivo degli aiuti umanitari, i bambini non hanno più un’istruzione, la musica è stata proibita, la morte è dappertutto».

All’interno della mostra è presente una sezione speciale composta da quattro illustrazioni realizzate con una tecnica differente definite dalla stessa artista di ispirazione espressionista e dedicata alla figura della donna colpita e sottomessa duramente da un mondo maschilista.

Per restituire il senso d’instabilità che vive il popolo siriano, la mostra è accompagnata da uno sfondo sonoro composto dal polistrumentista e produttore Marc Codsi, tra i principali fautori del rinnovamento della scena musicale contemporanea libanese e mediorientale. Sulle note del brano tratto dall’album A New World (Annihaya Records) il musicista sovrappone le voci delle ricetrasmittenti che i siriani utilizzano come arma di difesa per essere avvertiti sui movimenti degli aerei e su eventuali bombardamenti.

Codsi crea così un cortocircuito sonoro dove all’incertezza del conflitto incarnate dalle voci dei ricetrasmettitori che significano la vita o la morte, contrappone una musica calma e serena che invita a immaginare con Amany un mondo nuovo. «Con i miei disegni spero di raggiungere quante più persone possibili in modo che sia conosciuta la vera storia della Siria, ma soprattutto di raccontare la speranza del popolo siriano che un giorno tutto quest’orrore finisca e trovare finalmente la nostra libertà».