Torna in versione aggiornata e leggermente rivista Verità tropicale – Musica e rivoluzione nel mio Brasile (Sur, 600 pagine, 20 euro), il definitivo racconto di una generazione di artisti brasiliani che ha osato l’in(a)udito, dal punto di vista estetico e politico oltre che musicale, andando allo scontro con la dittatura e i paradossi del paese del samba, figlio un po’ complessato di un colonialismo “minore” come quello portoghese.
Novità sostanziale, un capitolo introduttivo scritto per il ventennale del libro, in cui Veloso ripercorre le angolature da cui il testo è stato letto e giudicato nel tempo. Occasione anche per lanciare strali sulla traduzione francese, quella a cui teneva di più per l’aspirazione sartriana delle sue trame; oltre che per definire una delle sue preferite quella italiana, opera di Monica Salles de Oliveira Paes: quasi a volergli trovare un posticino, tra Fellini e l’izquierda festiva di Renato Nicolini, tra i pensieri più dolci che lo legano al nostro paese. A margine del pantheon che il libro mette in scena: filosofi, pittori, cantori popolari e popstar, analisti di grido e un solo semidio, nel ruolo di João Gilberto.
Per il resto domina il rapporto mai pacificato con i limiti musicali del suo sé (rispetto a Gil), le incertezze, i momenti di panico, con lo stesso termine tropicalismo che finì per incorniciare la mistura esplosiva a cui lui ha saputo dare fuoco con ineguagliabile entusiasmo. Vicenda collettiva di poliedrica intensità, da sommare a quella che suona spesso come una seduta di psicanalisi lunga diversi decenni.