Jacques Vergès, l’avvocato che il regista Barbet Schroeder aveva battezzato «del terrore» nel film che gli aveva dedicato nel 2007, è morto per «cause naturali» (un infarto) la sera di Ferragosto. Ultimo colpo di scena di una vita avventurosa e misteriosa, Vergès è deceduto nell’appartamento di un’amica, a Parigi, di fronte al Louvre, nella stanza dove il 30 maggio 1778 era morto Voltaire. La lista dei clienti di Jacques Vergès è impressionante: ha difeso il nazista Klaus Barbie, il terrorista Carlos, il khmer rosso Khieu Samphan, i libanesi Georges Ibrahim Abdallah e Anis Naccache, il serbo Slobodan Milosevic, vari esponenti della Raf e di Action Directe, il serial killer Charles Sobrhraj, dei dirigenti africani, ma anche la figlia di Marlon Brando o il giardiniere marocchino Omar Raddad, accusato di omicidio e poi graziato da Chirac. Qualche anno fa, aveva anche proposto i suoi servizi a Gheddafi. Un’idea unifica queste scelte: la lotta anticolonialista, la volontà di mettere sotto accusa l’ipocrisia dell’occidente attraverso l’arma dell’«aringa di rottura». E’ la tesi sostenuta anche nei numerosi libri, una ventina, che ha pubblicato, dalla pièce teatrale “Serial plaideur”, fino a “Giustizia per il popolo serbo”, “Bellezza del crimine”, “Democrazia dal volto osceno”. Ultimamente aveva pubblicato un pamphlet su Sarkozy e un libro di memorie, “De mon propre aveu”. La vita di Vergès è circondata dal mistero. Uno dei suoi biografi dubita anche della data di nascita, il 5 marzo 1925 nell’attuale Thailandia. Il padre era un francese delle Réunion, poi diventato deputato del Pcf, la madre vietnamita. Il fratello gemello, Paul, è tra i fondatori del partito comunista della Réunion. A 17 anni, Vergès partecipa a Londra alle Forze francesi libere, poi entra nel Pcf, da cui uscirà nel ’57 criticandone le posizioni «troppo tiepide» sulla guerra d’Algeria. Vergès è l’avvocato dell’Fln algerino. Nel ’63 sposa in seconde nozze la militante Djamilla Bouhired, dopo averla salvata dalla pena di morte. Poi diventa maoista e fonda il periodico “Révolution”. Si impegna a sostegno dell’Fplp palestinese. Vergès porta nella tomba il principale segreto della sua vita: dal ’70 al ’78 era scomparso, ammettendo solo di aver preso «una vacanza molto all’est della Francia» (secondo alcuni sarebbe stato tra i khmer rossi).