«Pharos of Chaos è un film cucito su misura degli intimi ammutinamenti e ammaraggi di Sterling Hayden, del suo horror vacui e della sua joie de vivre. Di Sterling Pharos of Chaos è il cuore messo a nudo e scartavetrato». Così Jonny Costantino, scrittore e regista cinematografico (ma parliamo di un cinema «ai confini»), inquadra il suo eroe e mito filmico nell’ultimo libro dato alle stampe per i tipi di Lamantica Edizioni («Un uomo con la guerra dentro.

Vita disastrata ed epica di Sterling Hayden: navigatore attore traditore alcolista», pagine 194). E va subito detto che questo saggio ha il merito di scansare il pericolo di penetrare morbosamente nell’animo e nella vita di un attore controverso in vita quanto grande nelle sue interpretazioni (Giungla d’asfalto, Johnny Guitar,Rapina a mano armata, Il lungo addio: solo per citarne alcune). Memore del monito di Friedrich Nietzsche in «Al di là del bene e del male» («Se guardi a lungo in un abisso, l’abisso finisce per guardarti dentro»), Costantino entra nel suo mito con partecipazione e calore pur in una diagnosi spietata di una vita vissuta ai limiti tra alcol e droghe, comunismo e tradimento, navigazione e scrittura.

Sterling Hayden, nato nel 1916 e morto nel 1986, dopo una gioventù avventurosa di pescatore e lavoratore sulle navi iniziò la carriera di attore dopo un breve lavoro come modello. Simpatizzante per i comunisti (per un breve periodo fu anche iscritto al Partito Comunista), durante il maccartismo davanti alla «Commissione per le attività antiamericane»fece una giravolta e denunciò alcuni suoi amici dello star system hollywoodiano. In seguito l’attore uscì devastato da quell’esperienza tanto da scrivere nella sua autobiografia «Wanderer»(Vagabondo): «Non avete la più pallida idea del disprezzo che ho avuto per me stesso il giorno che feci quella cosa». E ribadirà, anche nel film di Bhuler: «Sono stato una merda, una dannata merda totale».

Scrive Jonny Costantino: «Strano attore non attore, Sterling Hayden, con i suoi centonovanta centimetri di altezza e il viso di arcangelo metropolitano caduto di notte e cozzato contro l’asfalto». E prosegue: «Sterling è il proprio nemico, un avversario in agguato tra persona e personaggio, il clandestino nella stiva del sé, una mina vagante nella trincea dell’identità, un cospiratore nello sgabuzzino della coscienza, un attentatore non metaforico della propria vita». Tutto nasce da una grande infatuazione, durante una proiezione restaurata a Bologna, per il film di Wolf-Eckart Buhler «Pharos of Chaos», 114 minuti di documentario dedicato alla vita spericolata di Sterling Hayden. Lì si sedimenta il ricordo di un mito amato in gioventù ma che il film di Buhler ha contribuito a riportare a galla in modo dirompente.

È giunta l’ora di scriverne. «Ognuno presceglie i propri involucri mitici, sospesi tra l’estetica e la magia, e lascia coagularvi dentro una o più dosi delle proprie aspirazioni, delle proprie inclinazioni, delle proprie mancanze: della propria umanità. Ognuno ha i divi che si merita» puntualizza Costantino.
Il libro è un vis-à-vis con un uomo che, forse per una debolezza non calcolata, «quel dannato agosto di metà secolo scorso vende l’anima a un manipolo di meschini e muore». Il resto, prendendo Buhler come Virgilio, è un viaggio nella vita di Hayden (per anni l’attore ha vissuto su una chiatta attraversando i fiumi della Francia) tra depressione, navigazione e autodistruzione. Intrecciando le sue idee sull’arte con la vita di Hayden, Costantino ci dà con questo libro in fondo irregolare l’amore per un cinema irregolare.