Un momento complicato per il nostro Paese, stretto tra le scadenze economiche – concentrate soprattutto nella seconda metà dell’anno – e la possibilità di una crisi politica, con le elezioni anticipate: in questo quadro il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ieri ha tenuto le sue ultime considerazioni finali. Il mandato è in scadenza (31 ottobre) ma potrebbe essere rinnovato per altri sei anni. A dargli man forte il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, la cui presenza è stata considerata quasi un endorsement: arrivato a bordo di una Passat nera, si è trattenuto a Palazzo Koch giusto il tempo della relazione e di una vigorosa stretta di mano con Visco, senza rilasciare commenti.

VISCO NON HA PRONUNCIATO riferimenti diretti al dibattito sulle possibili elezioni, ma ha sottolineato l’importanza del fatto che in questo delicato passaggio le forze politiche adottino programmi «chiari, ambiziosi sì, ma realistici e soprattutto realizzabili», senza «incertezze» o «retromarce». L’allarme è rappresentato dai crediti deteriorati delle banche e soprattutto dal debito pubblico, veri pericoli per il futuro del Paese: per superarli, per risolvere una crisi senza precedenti nella storia serve quindi secondo il governatore «uno sforzo eccezionale», e bisogna tenere saldamente ancorato il Paese nell’Europa.

Anche su questo punto, la presenza di Draghi non è apparsa casuale, su almeno un doppio piano: da un lato, dopo la crisi delle banche che negli ultimi anni ha deteriorato l’immagine di Bankitalia e Consob, serve un saldo riferimento all’Eurotower e alla sua autorità. Dall’altro lato, si deve richiamare l’attenzione del nostro sistema economico e politico sugli shock che potrebbero derivare dalla fine del Quantitative easing: la spina non è stata ancora staccata, e lo stesso presidente Draghi ha più volte scelto di rinviare, ma per fine 2017 o inizio 2018 potrebbe arrivare la svolta decisiva.

IMPORTANTE L’INVITO del governatore a tornare a investire sul pubblico, apprezzato non a caso dai sindacati: «Restano ampi spazi di razionalizzazione nell’allocazione delle risorse pubbliche che vanno indirizzate verso obiettivi di medio-lungo periodo – ha detto nella sua relazione – Deve tornare a crescere la spesa per gli investimenti pubblici: in calo dal 2010, la sua incidenza sul prodotto era appena superiore al 2% nel 2016, circa un punto in meno che negli anni precedenti la crisi e tra i valori più bassi nell’area dell’euro».

Risorse che il pubblico (in concomitanza con il privato) dovrebbe investire anche nella messa in sicurezza del territorio, provato da sismi, alluvioni, frane e altre calamità; «Un aumento delle risorse dedicate alla ristrutturazione del patrimonio immobiliare esistente, non solo pubblico, e alla prevenzione dei rischi idrogeologici – ha aggiunto il governatore – oltre che al contenimento delle conseguenze di quelli sismici, avrebbe effetti importanti su occupazione ed economia».

Il QUANTITATIVE EASING deve continuare in attesa che si realizzi «una piena convergenza dell’inflazione verso l’obiettivo della Bce» (il 2%, ndr). Il governatore, poi, parlando a braccio, ha difeso la Banca d’Italia dagli attacchi politici e mediatici degli ultimi anni, mettendo in evidenza che «l’impegno del direttorio è stato massimo», e come non ci sia «stata piena consapevolezza anche al livello politico» dei rischi derivanti dal bail in.

Per rilanciare l’economia, si deve «andare avanti con le riforme strutturali, muovere i vincoli all’attività d’impresa, incoraggiare la concorrenza, stimolare l’innovazione», ridurre il debito. Secondo le stime di Bankitalia, «agli attuali ritmi di crescita il Pil tornerebbe sui livelli del 2007 nella prima metà del prossimo decennio». Ricetta: «Con un tasso di crescita annuo intorno all’1%, l’inflazione al 2 e con l’onere medio del debito in graduale risalita verso i valori osservati prima della crisi, un saldo primario (ossia al netto degli interessi) in avanzo del 4% del Pil, consentirebbe di ricondurre il rapporto debito/Pil al di sotto del 100% in circa 10 anni».

RICONFERMARE il governatore permetterebbe di non aggiungere ulteriore stress a un autunno già pesante e delicato. L’alternativa potrebbe essere una «reggenza» affidata al direttore generale Salvatore Rossi, in attesa che a scegliere sia il nuovo governo uscente dalle urne. Si scaldano comunque in panchina Fabio Panetta e Luigi Federico Signorini, vicedirettori generali e membri del Direttorio, e Ignazio Angeloni, componente del Consiglio di Vigilanza della Bce.