“A fronte del rischio che, in un contesto di elevata incertezza, problemi circoscritti intacchino la fiducia nei confronti del sistema bancario, un intervento pubblico non può essere escluso”. Ignazio Visco, governatore di Bankitalia, all’assemblea annuale dell’Abi (associazione delle banche italiane) va dritto al cuore del problema. Colpendo al tempo stesso, con una stoccata di fioretto, un governo che almeno ufficialmente continua a titubare. Vedi le parole di Matteo Renzi sulle “soluzioni di mercato” auspicate nello spinoso caso del Monte Paschi, e delle altre più piccole banche della penisola con troppi crediti inesigibili

Va da sé che il nodo da sciogliere è politico. All’assemblea dell’Abi c’è anche Pier Carlo Padoan, e il ministro economico-finanziario dà un colpo al cerchio e uno alla botte. Riepiloga che con l’Ue è in corso un “dialogo continuo, su tutte le misure di intervento ammesse, anche nella direzione di un eventuale utilizzo di aiuti di Stato, perché il governo intende tutelare i risparmi”. Ricorda di avere in mano la briscola Brexit: “Ci sono diversi elementi da sfruttare in pieno, soprattutto in caso di rischio sistemico. E nulla impedisce di agire subito”. Infine frena: “Esistono elementi di criticità che possono essere risolti con soluzioni di mercato”.

Perché si continua a rimandare? Agostino Megale della Fisac Cgil chiede che il governo ci metta la faccia: “Da Padoan, di cui conosco competenza ed equilibrio, mi aspettavo più nettezza. Il ministro dell’economia non se la può cavare con le parole generiche di questa mattina: è tempo di risultati concreti nel negoziato con la Ue sui crediti deteriorati, sui derivati da inserire negli stress test, e sull’intervento pubblico a sostegno di eventuali ricapitalizzazioni, dando uno stop al rischio bail-in sulle sub-obbligazioni”.

Eccolo il nodo: come osservato sul confindustriale Sole 24 Ore, le trattative fra Ue e Italia a Bruxelles su Mps – e le altre banche con problemi analoghi, da Carige alle due venete ora in mano ad Atlante – vertono sul “burden sharing”, e cioè la condivisione del peso finanziario di una ricapitalizzazione. Sono regole meno dure di quelle del bail-in, ma prevedono comunque il coinvolgimento (con sacrificio) di chi possiede sub-obbligazioni. Una eventualità che il governo, già scottato ai tempi delle quattro banche fallite a novembre, non vuol considerare.
Di qui l’impasse, reso visibile dalle parole di Renzi sulle “soluzioni di mercato” che prevedono ancora il ricorso ad Atlante o a un suo veicolo gemello. Sul quale però anche ieri Intesa San Paolo, con il cd Carlo Messina, ha ribadito che quanto fatto per Atlante (una spesa di 700 milioni) non avrà seguito. Mettendo in difficoltà un governo che, anche per motivi di feedback con un’opinione pubblica non certo tenera con il settore bancario, teme l’impopolarità di un aiuto statale, pur nelle regole Ue, agli istituti in difficoltà. La teme anche se, come insegna l’esperienza Usa, sarebbe perfino fonte di potenziale guadagno investire in azioni che, prima o poi, potranno essere rivendute con i titoli apprezzati.

Vista da piazza Affari, la giornata è stata comunque positiva. Con un indice generale a +4%, trainato proprio dai titoli bancari: Banco popolare a +18% dopo la conferma dati alla mano di poter superare gli stress test dell’Eba, con contestuale querela a Morgan Stanley; gli altri istituti con rialzi anche in doppia cifra, e lo stesso Monte dei Paschi a +5,4%. La vulgata dice che gli investitori scommettono che si arriverà a un accordo su Mps, e sulla gestione dei crediti in sofferenza dell’intero settore. Sofferenze sulle quali Visco segnala: “La riduzione della loro consistenza registrata dall’autunno scorso è incoraggiante. Al netto delle svalutazioni l’ammontare si riduce a 87 miliardi. Di questi circa 50 sono assistiti da garanzie reali, il resto è assistito da garanzie personali, dal valore stimato di 37 miliardi, o non è garantito”. Questi ultimi sono i crediti impossibili da recuperare. Dalle parole di Visco, e fatti due conti, sono circa 15 miliardi.