I Repubblicani si confermano nel New Jersey, i Democratici vincono in Virginia: due risultati che aprono squarci di riflessione all’interno dei conservatori e che potrebbero significare molto per la futura corsa alla Casa Bianca del 2016. Non solo New York quindi, perché nella tornata elettorale americana si giocavano altre importanti sfide.
I Repubblicani hanno vinto nel New Jersey, con la rielezione di Chris Christie; un risultato scontato alla vigilia (Christie ha vinto con il 60, 5 percento dei voti, contro il 38 percento della candidata democratica Barbara Buono), ma che rappresenta un segnale politico rilevante all’interno del Partito Repubblicano; in Virginia invece ha vinto sul filo di lana il candidato democratico Terry McAuliffe, che ha sconfitto il più conservatore tra i conservatori, Kevin Cuccinelli. La vittoria di Christie segna una tappa rilevante nel percorso politico dei Repubblicani. Il Washington Post commentando i risultati del New Jersey e della Virginia ha specificato come a vincere sia stato il «pragmatismo» contro la «purezza», a sottolineare come Christie, fan scatenato di Bruce Springsteen, sia un repubblicano atipico. Inviso al Tea Party, (in alcuni frangenti non ha esitato ad elogiare Obama), Christie ha segnato un punto a suo favore anche nell’ipotesi di candidarsi per i repubblicani per le prossime presidenziali nel 2016; una possibilità che il governatore aveva scartato a inizio ottobre ma su cui potrebbero esserci ripensamenti. Contro i matrimoni gay e l’aborto, Christie ha saputo però intercettare anche quell’elettorato tradizionalmente vicino ai democratici, facendo del pragmatismo la sua arma vincente. Non a caso, nel suo discorso post vittoria, ha rivolto parole dure contro Washington e lo stallo della politica americana. Come ha specificato Ed Gillespie, ex capo del Republican National Commitee, «Christie ha dimostrato che possiamo prendere i voti dagli ispanici e afro americani e che un governatore pro- vita può prendere i voti dalle donne. Significa, ha concluso Gillespie nel suo intervento sul New York Times, che il nostro elettorato ci capisce e che non siamo tagliati fuori dal punto di vista geografico e demografico».
In Virginia invece, ha vinto McAuliffe, ma è la famiglia Clinton a raccogliere segnali incoraggianti, in varie direzioni: intanto i Democratici si affermano in uno stato (recuperato da Obama alla ultime elezioni presidenziali, ma tendenzialmente conservatore) che si è sempre rivelato fondamentale per l’elezione del Presidente, in secondo luogo i Clinton possono concretamente studiare e scrutare la possibilità che il forte endorsmenent dato in campagna elettorale al candidato democratico, possa diventare credito politico per Hillary e una sua potenziale corsa alla Casa Bianca nel 2016.
McAuliffe – uno dei principali fund raiser delle precedenti avventure politiche della famiglia Clinton e con la storia di alcune iniziative imprenditoriali al limite del lecito – ha vinto grazie a promesse elettorali che hanno puntato sull’aumento del lavoro, dei trasporti pubblici, della scuola, raccogliendo un forte consenso anche tra i repubblicani poco convinti da Kevin Cuccinelli, procuratore generale su posizioni ultraconservatrici.
La vittoria di McAuliffe è stata di misura, 48 percento contro il 45, 5 percento ottenuto da Cuccinelli, a dimostrazione del grande equilibrio politico in Virginia (che tradizionalmente alle elezioni locali, premia il partito che l’anno precedente ha perso quelle presidenziali). McAuliffe, come Christie in New Jersey, dopo la vittoria ha elogiato il concetto di pragmaticità, invitando la Virginia a divenire un esempio nazionale, grazie alla cooperazione tra Repubblicani e Democratici.