Jeff Nichols la definisce «la storia d’amore più pura d’America» e questo è Loving anche se la vicenda dei due protagonisti, african american lei, bianco lui, mette in campo molto altro, racconta la segregazione razziale dell’America alla fine degli anni Cinquanta, con la sua violenza specie negli stati del sud, dove i due vivono.

Virginia, 1958. Mildred e Richard Loving si amano, lei aspetta un figlio, si sposano di nascosto in un altro stato ma i matrimoni «interrazziali» sono vietati, vengono arrestati e costretti a scegliere: o l’esilio o il divorzio. Lei però non vuole che i suoi figli crescano in città, quella terra è la sua, ci è nata, lì vivono i suoi genitori, lì vuole allevare i suoi figli. Inizia così una lunga battaglia legale, Loving vs Virginia che arriva fino alla Corte suprema con una sentenza storica che riconoscendo ai Loving il diritto al matrimonio cambia la costituzione americana. Intanto sono iniziate le lotte per i diritti civili, in strada gli african american marciano con Martin Luther King. Te il devi prendere i tuoi diritti dice l’amica a Mildred e lei scrive a Kennedy, allora procuratore…

Rispetto a Midnight Special visto alla Berlinale, e soprattutto al suo esordio Take Shelter, Loving (in Italia uscirà con Cinema di De Paolis) – in concorso – il cui riferimento più immediato sembra Il colore viola di Spielberg, punta a una cifra «classica» (pure eccessiva), da grandi temi (e aspirazioni da Oscar) a cui si oppone però la scelta di un punto di vista mai retorico. I suoi personaggi sono come li vediamo, conservatori nonostante la loro scelta di vita di radicale rottura: sono attaccati alla terra, alla vita nel posto a cui sentono di appartenere, non si pongono altri interrogativi, sul loro lavoro (lui è muratore). E così la violenza di polizia e istituzioni Nichols la concentra nelle parole, senza effetti drammatici, assalti, botte ma nell’agghiacciante fraseggio di un giudice e di uno sceriffo che si appellano a dio per motivare la separazione razziale.

Richard (Joel Edgerton) è silenzioso e macho, ama la moglie e pensa che deve occuparsi di lei, proteggerla, difenderla senza avvocati o movimenti per i diritti civili magari usando il buon vecchio fucile. Mildred (la molto dolce Ruth Negga) con cui il regista sembra avere una maggiore empatia, nella sua battaglia privata, il diritto di vivere coi suoi figli dove vuole e con l’uomo che ama, impara a intrecciare invece la consapevolezza di una necessità collettiva. La sua resistenza è ostinata, si basa su cose ordinarie, sui gesti di madre e di moglie innamorata che non si arrende fino a sorprendere se stessa. Ma è appunto questa dimensione quotidiana e non eroica che permette al film di Nichols di trovare una sua misura anche quando lo stile si fa enfatico (l’uso della musica molto invasivo).

Questa storia «vera», come garantisce la fotografia della coppia reale prima dei titoli di testa, è una storia d’America, la storia di una conquista che ha fatto epoca. Forse però per questo nelle invenzioni cinematografiche Nichols poteva sbilanciarsi di più.