«Qualcosa cambia in ogni donna che partecipa» è la frase che si ripete a ogni Encuentro Nacional de Mujeres (Enm) da 34 anni. Per l’edizione che si è chiusa lunedì scorso, 200 mila donne sono arrivate a La Plata da diverse zone del paese per dare vita a tre giorni di dibattiti e mobilitazione. Le chiese e alcuni edifici pubblici sono stati transennati e protetti da poliziotte, ma la città ha fatto solo da sfondo, perché il cuore degli Encuentros sono i seminari.

LA MADRE DI LUCÍA PÉREZ, Marta Montero, porta con sé la richiesta di giustizia per l’uccisione di sua figlia, omicidio che è diventato uno dei fattori scatenanti per la formazione del movimento Ni una menos. «Sento l’orgoglio di essere donna – ha detto -. Noi ci preoccupiamo tanto, scendiamo in strada, siamo lottatrici. Alle ragazze più giovani che sono qui, tanto impegnate e tanto belle, voglio dire che Lucía sarebbe stata uguale a voi, con la stessa voglia di essere. Purtroppo c’e stato un machismo, un patriarcato che ha detto “no, questo tu non lo puoi fare”. Ma dall’Encuentro porto via amore», ha aggiunto.

«I femminicidi quotidiani, la fame nelle mense e la droga nei quartieri» sono i temi su cui Rosana dice che vuole lavorare di più al suo primo Encuentro. Ha vissuto 40 dei sui 50 anni a Fuerte Apache (quartiere marginale di Buenos Aires in cui è nato il calciatore Carlos Tévez) e da due anni tiene seminari su violenza di genere ed educazione sessuale in spazi comunitari nei quali si offre la merenda a ragazzi e ragazze.

«C’È MOLTA VIOLENZA e paura di denunciare. Ci sono ragazze di 12 anni che non raccontano dei fidanzati che alzano le mani o le minacciano», spiega Rosana, che ha esperienze di violenza di genere nella sua stessa famiglia: «Due delle mie figlie – ne ho 8 – venivano picchiate dai mariti e sono riuscita a far sì che si separassero, perché questa violenza poi ricade sui figli».
Il maltempo con tempesta elettrica del primo giorno ha inclinato il campo da calcio su cui doveva svolgersi l’evento di apertura, facendo pensare che se c’è un dio, sicuramente è machirulo (uomo di potere che ha un rapporto disinvolto con il machsimo, ndr); i treni non arrivavano in città, le donne accampate sono state evacuate per le inondazioni, l’apertura è stata sospesa.

MA COME DA PROGRAMMA è avvenuta l’iscrizione delle partecipanti agli 87 seminari – sparsi in 22 luoghio diversi, ognuno abbraccia una tematica specifica – che sono andati avanti fino alla sera di domenica, quando un corteo ha attraversato la città. Il lunedì, in chiusura, è stata votata la sede della prossima edizione, che sarà nella provincia di San Juan.

 

 

 

Rocio, 27 anni, studia medicina ed è parte della commissione organizzatrice del 34° Encuentro – ogni anno viene creata una nuova commissione nella città scelta – è «stanchissima ma orgogliosa». Dice che è necessario organizzarsi «in un paese in cui governa Macri e c’è una legge che destina ad ogni donna 11 pesos per prevenire la violenza: voglio dire che la nostra vita vale meno di una caramella». Rosmeri è una migrante boliviana ed è intervenuta con timidezza nel seminario su Donne e potere, dice che ha imparato che deve prendere parola, e questa volta lo ha fattto per parlare della «necessità che le migranti possano votare» e delle aggressioni intra-familiari: «Nella mia famiglia ho vissuto molta violenza e questo mi ha spinto ad aiutare chi è nella stessa situazione e magari non vuole parlarne».
«Mi sembra che questo sia uno spazio necessario per pensarci, tante donne che parlano, dove i seminari non sono impartiti da qualcuno ma siamo noi stesse a decidere. Questo lasciarsi andare a volte è un atto di fondazione per molte compagne. È come una grande riunione, una grande mateada (bevuta conviviale di mate) cosmica» spiega Natalia, docente di letteratura nelle carceri minorili.

NON C’È UN TAVOLO di specialiste, le presenti definiscono coordinatrice e segretarie per portare avanti una lista di oratrici ed elaborare una sintesi. Dopo due giorni di discussioni, si scrivono le conclusioni per ogni seminario, che poi vengono lette nella cerimonia di chiusura e pubblicate una volta finito l’Encuentro.

Durante la marcia finale María del Carmen cammina veloce, ricurva, si agita. Ha 74 anni, si sente parte dell’”onda verde” femminista che attraversa il paese e dal 1993 partecipa agli Incontri. In questo ha seguito il seminario su Strategie per la legalizzazione dell’aborto, criticando la partecipazione di qualche partito – «credono che per legalizzare l’aborto basti votare a sinistra» – e quello su Donne e femminicidi, che dice aver funzionato «molto bene». Racconta che da quando partecipa qualcosa in lei è cambiato: «Qui riusciamo a valorizzarci di più».

 

traduzione di Gianluigi Gurgigno