Il mondo dell’arte visuale del cinema e sperimentale americano è vivo e vegeto e ce ne arrivano spesso nuovi esempi. Questo Violent X, di Evan Calder Williams e con la colonna sonora di Taku Unami, è uno di quei film-performance che dimostra al tempo stesso la vitalita’ di questa cosa che continuiamo a chiamare con qualche difficolta’ cinema e la necessita’ di riferirsi al passato per trovare rinnovate sperimentazioni e ispirazioni. Un film breve, meno di quaranta minuti, composto da cinquemila singole immagini prese dai poliziotteschi italiani e rimontate, messe l’una a fianco a l’altra, seguendo una nuova narrativa, a cui è stata poi aggiunta musica e commento dello stesso ECW. Il film rimescola la storia del nostro paese, mette in scena paesaggi urbani, cospirazioni, è un’esplosione di dettagli di vario ordine e grado, pieno di ripetizioni e di disastri di diverso tipo. Si sente il senso e il peso del tempo che passa, la voglia di controllarlo (vecchia ossessione del cinema), e al tempo stesso ci viene sbattuta la violenza, affascinante o meno, di un periodo denso di ribellione, di usi e abusi della violenza stessa. È il primo di una trilogia, gli altri due (uno ambientato tra la fine degli anni venti e l’inizio dei trenta, e l’altro nel presente, prendendo il materiale dai film contemporanei imitazioni di Fast and Furious) avranno la stessa procedura formale, con migliaia di immagini singole estrapolate da cicli di film. Violent X ha per ora un forte carattere di perfomance, ma avra’ presto forma indipendente e definitiva. Chi scrive lo ha visto in uno dei posti più interessanti per la musica e l’arte sperimentale a New York, l’Issue Project Room di Brooklyn, mentre l’anteprima mondiale è andata in scena a Toronto all’Images Festival, che ha anche prodotto il film. “Nel mio film – ci racconta l’autore – appaiono immagini da quaranta poliziotteschi, tra i circa cento film dal 1973 al 1978 che compongono il filone”. Evan Calder Williams è anche un ricercatore (ha da poco terminato un dottorato in una delle University of California, Santa Cruz), e ha tra le altre cose scritto due libri, ha un blog sulla rivista della sinistra intellettuale hipster americana, The New Inquiry, e presentato i suoi lavori al Whitney Biennial, alla Memory Marathon e sta preparando un’opera per la Serpentine Gallery di Londra. “Mi sorprende molto quanti pochi poliziotteschi siano effettivamente disponibili in DVD. La maggior parte del mio film quindi viene da torrent o altri file che vengono da copie VHS, registrati dalla TV, spesso quindi non di ottima qualità. Ho visto e rivisto questi film nel corso degli anni senza un pensiero predeterminato su come la forma del film sarebbe poi stata. Niente di quanto appare nel film è girato, non c’è un singolo video continuato, ogni cambio che si vede, ogni frame è un frame separato. Cosi’ ho costruito una collezione di circa 7500 immagini”. Violent X è un lucido sogno per immagini ricombinate di un artista che ha visto troppi poliziotteschi, e vuole farne uno tutto suo. Sa però che la società è cambiata, le immagini sono cambiate, e allora invece di ricominciare da capo semplicemente usa i vecchi film e li ricombina.“Quello che mi ha veramente attratto verso questo progetto non sono tanto i film stessi quanto pensarli (questi ma anche la commedia sexy, il giallo, i mondo film eccetera) non solo per quello che si vede nei film stessi, e come possono riflettere la societa’ italiana in quegli anni, ma anche come forma di visione che è quasi indifferente al contenuto dei film e considera invece la circolazione fisica delle copie di questi film tra i vari cinema: la nozione di terza visione diventa così molto importante. Vedo questi film come una esplicita risposta al fatto che in quegli anni era in atto un cambio nelle abitudini nel consumo dei media della working class, dal cinema alla televisione. I cinema di terza visione venivano chiusi rapidamente. Mi pare quindi che questi film emergano al tempo in cui c’è un tentativo di salvare quanto è rimasto dell’andare al cinema, e quindi mi interessa questa sorta di oscura mappatura di quello che succede alle copie stesse dei film. Infatti per me il cinema è un complesso totale che eccede di gran lunga quello che succede nei film. La domanda fondamentale che struttura così tanta esperienza cinematografica nel ventesimo secolo è l’esperienza di guardare qualcosa che non è così unico per quel luogo specifico ma che ha attraversato e porta i segni di altri posti. E quindi si va in un certo posto, un po’ come la hall di un hotel, e affittiamo una certa porzione di tempo al suo interno. Il cinema quindi ha a che fare con i processi di circolazione e questo accade al di là di quello che vediamo sullo schermo”.

Intervenendo su questi file torrent, file ricavati da ex VHS, e altro materiale quasi di scarto, ECW in un certo senso ri-attualizza la nozione di terza visione, dato che possiamo senz’altro intendere la visione in streaming e queste altre forme di nuova di consumo dei film come una moderna terza visione. Al tempo stesso, si tratta anche in questo caso del recupero di film che per anni sono stati negletti e dimenticati in Italia, e solo recentemente, anche grazie ad interventi come quello di Quentin Tarantino, li si sta rivalutando, gli si sta dando una certa dignità, talvolta un po’ artificiale, ed in questo ECW lavora in modo davvero diverso rispetto a Tarantino o altri approcci diciamo autoriali, che tendono a esaltare gli aspetti cool di questi film accantonando spesso la violenza, il maschilismo, lo pseudo-fascismo e via dicendo: “Non mi interessa incoraggiare una sorta di cinefilia nei confronti di questi film, li vedo come materiali di lavoro, come archivi di tesi e gesti da cui attingere. Il mio interesse insomma non è dire tra questi film quali sono buoni e quali vadano preservati – anche se naturalmente sono contento che venga fatto questo tipo di lavoro, da Rarovideo e altri – solo che la mia relazione con questi film è fondamentalmente diversa. Se dovessi organizzarli in una retrospettiva mi piacerebbe di più metterli in dialogo con gli altri film di terza visione del tempo, anche se ho anche io miei preferiti, come Uomini si nasce poliziotti si muore di Ruggero Deodato (dove l’inseguimento in moto a inizio film è stato filmato senza permesso e dal vivo nel traffico marciapiedi di Roma e quindi il terrore che si vede nelle vecchiette sui è vero!) o Il cinico, l’infame, il violento o anche Napoli serenata calibro 9, un film piuttosto strano, un ibrido tra un poliziottesco e una sceneggiata, dove davvero si sente quel tentativo di riempire lo schermo con qualcosa per far passare il tempo…”

Le citta’, l’ambiente urbano, hanno naturalmente un ruolo importantissimo. Si dice che i registi europei che fanno film negli USA finiscono in un modo o nell’altro sempre a fare road movie, ma forse è vero anche per quelli americani che vanno in Italia: Violent X in fondo è un viaggio nelle città italiane, Milano e dintorni, Roma, Torino, e nella violenza che le popola(va). La violenza è infatti il tema dominante del film, sin dal titolo. Anche una scena di coppia, tra il poliziotto e la sua bella, è violenta. C’è un ritono compulsivo a pistole e altri armi. ECW sembra dialogare con la violenza nei polizziotteschi e attraverso questa cerca una chiave di lettura per capire l’Italia di allora. “Una cosa che mi colpisce molto, avendo letto, studiato quegli anni e tradotto testi pubblicati in italiano all’epoca, è come, particolarmente in Italia, la narrazione su quegli anni sia spesso estremamente concentrata sulla violenza terroristica, mi pare ci sia una sorta di ossessione per la cronaca nera. E quello per me è forse l’aspetto meno interessante, mi interessa di più la cosiddetta propaganda col fatto. In un certo senso l’intento del film è quello di conservare una certa inarrestabile proliferazione di corpi ma cercare di capire anche quanto tutto cio’ possa essere una sorto di blocco per la vista, che oscura, ed è per questo che nel film la figura del fumo diventa molto più importante del fuoco, e più si va avanti nel film più le figure di nebbia, fumo e polvere diventano importanti. In questi film set di modelli e gesti si ripetono, per me quindi si tratta di riconoscere non solo il fatto della violenza ma il suo significato gesturale”.

Molto interessante, infine, la musica, a tratti mimetica nei confronti delle colonne sonore del tempo, eppure con così tanti elementi che si distaccano completamente: “c’è una sorta di dissonanza sonora. C’è un po’ di Franco Micalizzi, dei Goblin, di Stelvio Cipriani, ma in un certo senso, il suono è intenzionalmente fuori dal tempo, e i più immediati riferimenti sonori nella colonna sonora sono a John Carpenter.” La speranza è di poter vedere presto anche in Italia questo film.