Il cuneo fiscale in Italia è di 10 punti superiore a quello che si registra nel resto dell’Ue: il 49% viene prelevato a titolo di contributi e di imposte. Per l’Ocse l’Italia è al quinto posto per peso delle tasse sui salari. A Vincenzo Visco, docente di scienze delle finanze alla Sapienza di Roma e già ministro dell’economia e delle finanze nei governi Prodi e D’Alema, chiediamo come si è creata questa situazione.

«Il problema delle tasse sul lavoro e sui salari è oggettivo, ma non è questione rilevante per l’economia italiana in questa fase – risponde – Non c’è domanda e quindi si possono dare tutti gli incentivi che si vogliono, ma investimenti e occupazione non aumenteranno. Questo è il dato rilevante. Sui dati vorrei evitare di drammatizzare. Non dobbiamo ragionare sulla Slovenia o sulla Lituania, ma su paesi paragonabili al nostro. I dati dicono che siamo sotto, o non molto distanti, rispetto a Francia e Germania». Se escludiamo i contributi sociali che finanziano le pensioni – che non sono tasse vere e proprie, ma una forma di risparmio forzato a beneficio di chi ha pagato – abbiamo un peso fiscale sotto il 30 per cento.

A sinistra si pensa che le tasse servano a finanziare i servizi pubblici che da tempo subiscono tagli. Dove finiscono questi soldi?
Spendiamo fino a sette punti di Pil in sanità, cinque per l’istruzione e paghiamo più di altri gli interessi sul debito pubblico. La mancanza delle risorse è dovuta al fatto che non cresciamo da molti anni. Questo è un problema strutturale dell’economia italiana e non può essere limitato al costo del lavoro. Il problema è l’austerità. Tutti quelli che parlano della necessità di ridurre le tasse vogliono la riduzione del welfare. Questo non accade solo in Italia. Pensi ad esempio a Trump. Le sue posizioni sono chiarissime: tagliare le tasse ai ricchi e alle imprese e allo stesso tempo tagliare la spesa sanitaria e privatizzare l’istruzione. Lo scontro politico di fondo è sulle risorse che vanno a coloro che hanno meno mezzi e a coloro che ne hanno di più. Poi, certo, si devono recuperare le inefficienze della spesa, evitare gli sprechi, migliorare il settore pubblico. Fermo restando che il sistema del nostro Welfare è sviluppato, anche se inferiore ad altri paesi.

Il governo Renzi ha distribuito a pioggia 21 miliardi di euro in bonus fiscali e sgravi. Perché non ha scelto una misura strutturale per abbassare il cuneo fiscale?
Perché è stata adottata una politica dell’offerta che non è adeguata alla situazione che stiamo vivendo. Aggiungo che è anche una politica che, retrospettivamente, non sembra avere prodotto molto consenso per chi l’ha proposta. Come centro studi Nens abbiamo presentato un rapporto sulla finanza pubblica dove abbiamo simulato gli effetti degli investimenti delle risorse disponibili sulle opere pubbliche ad alto moltiplicatore e non per sterilizzare le clausole di salvaguardia.

Qual è stato il risultato?
Avremmo avuto un tasso di crescita doppia, un disavanzo per l’anno passato di 1,6% invece dell’1,4% e una riduzione del debito di due punti e mezzo. E poi, se si affrontasse in modo serio l’evasione fiscale, avremmo le risorse per redistribuire.

Il governo Gentiloni punta sul recupero dell’evasione fiscale e ha ricordato il record di 19 miliardi di euro raggiunto l’anno scorso…
Sono sciocchezze. Dentro quella cifra ci sono i 4-5 miliardi della voluntary disclosure, si tratta di una normale attività di controllo dell’amministrazione. Finché non avremo ridotto l’enorme ammontare di evasione strutturale, pari ad almeno 140 miliardi, non vedremo mai una soluzione. Questi 140 miliardi sono costanti e, anzi, tendono a aumentare. Sarebbe consigliabile evitare la propaganda per convincere la gente che si stanno facendo interventi risolutivi ed efficaci.

Nel nuovo documento di economia e finanza il governo Gentiloni ha promesso di ridurre la pressione fiscale e tagliare il cuneo fiscale. In concreto c’è una decontribuzione per i neo-assunti under 35. La ritiene sufficiente?
Non credo che sarà utile. Il fatto che abbiano messo un limite di età significa che quando il lavoratore avrà superato l’età sarà licenziato e, al suo posto, sarà assunto un altro che porterà altri sgravi fiscali. Questo non è il modo di affrontare il problema. Non è con gli incentivi che si recuperano gli investimenti privati. Non funziona così. Le imprese investono se possono vendere. Qui invece si vuole fiscalizzare una parte del costo del lavoro a beneficio delle imprese.

Nella «manovrina» ci sarà qualcosa di positivo a suo avviso?
Lo split payment. Una proposta che abbiamo avanzato cinque anni fa e permette un recupero dell’evasione.