«Che ne è del legame sociale nel mondo contemporaneo, cioè nell’epoca del consumo?» È l’interrogativo dal quale prende le mosse il libro di Vincenzo Costa, intitolato Consumo e potere. Ontologia del legame e dell’emancipazione (Meltemi, 2018), che presenta il consumismo come «l’apertura di senso al cui interno si muove oggi la nostra esistenza».

Il testo non è una semplice critica del consumo ma una sua, ben più radicale, decostruzione fenomenologica che intende ricondurre «pensieri e teorie all’esperienza che li ha resi possibili conferendo loro un alone di ovvietà».

La prima si limita a mostrare lo stridore esistente, per esempio, tra “gli ideali di libertà” borghesi e la condizione servile della “fabbrica” rimanendo confinata «entro l’ambito di compatibilità offerto da un codice dominante». Costa, avvalendosi della seconda, intende superare tale limite per uscire dalle consuete e usurate opposizioni concettuali e raggiungere il “fondo” della discorsività consumistica.

Un’operazione decostruttiva necessaria anche per comprendere come il sistema sociale vigente sia capace di dissolvere e rovesciare i “significati” nel loro “opposto” come dimostra la trasformazione semantica del termine ‘precario’ nella presunta estensione della “libertà” dei lavoratori, propugnata dalla retorica neoliberista. Un altro interessante caso è quello della metamorfosi del senso della ‘casa’ da “luogo d’essere” e di “possibilità” a “non-luogo” funzionale alla «circolazione accelerata di persone e beni» che viene analizzato per mezzo di Gaston Bachelard e Marc Augé.

L’indagine di Costa si muove in prospettiva ontologica per travalicare il piano morale della riflessione sul consumo risalendo alle sue «condizioni di possibilità» e mostrandone il carattere storico e non naturale.

Il libro consta di nove capitoli e un’introduzione metodologica che sviluppano un serrato confronto con alcuni autori e testi classici per descrivere quella che Costa, ispirandosi alla tradizione fenomenologica, definisce come la «cosa stessa» del consumo. Per questo, egli sviluppa un intenso dialogo con l’antropologia del dono di Marcel Mauss, la teoria economica e filosofica di Karl Marx e le analisi sociologiche di Jean Baudrillard.

Il capitolo conclusivo, in particolare, intitolato La comunicazione pubblicitaria come paradigma universale, è ricco di riferimenti al pensatore francese e alla sua analisi del simulacro che permette d’interpretare la «funzione di legame sociale» svolta dalla pubblicità nel mondo odierno.

Il volume di Costa è, in definitiva, un percorso teorico che non teme d’affrontare paradossi e contraddizioni della nostra contemporaneità dimostrando come la filosofia possa contribuire, se non a cambiare il mondo, almeno a interpretarne alcuni dei suoi fenomeni più ingiusti e surreali.