«Un risultato clamoroso, che non era scontato, una grande vittoria del Pd e del centrosinistra». Enrico Letta ieri ha seguito lo scrutinio nel “suo” collegio di Siena, dove giocava anche una partita in proprio per un seggio alla Camera. Vittoria netta per lui che sfiora il 50% (con un’affluenza al 35%) e porta a casa un risultato inatteso (almeno nelle dimensioni) nelle grandi città: Bologna, Napoli e Milano vanno al centrosinistra al primo turno, e se quello del capoluogo emiliano era un risultato atteso, non era così a Napoli dove veniva testata l’alleanza tra Pd e M5S.

DEM VINCENTI ANCHE nel collegio romano di Primavalle, dove il seggio va al segretario di Roma Andrea Casu (44,2% contro il 36,8 del centrodestra). Inatteso anche il risultato di Torino, dove il dem Stefano Lo Russo va al ballottaggio in testa (43,1%) contro il candidato più forte che Meloni e Salvini avevano messo in campo in queste comunali: l’imprenditore Paolo Damilano che si ferma al 39,1%.

A Roma, dopo un brivido a metà pomeriggio quando gli exit poll Swg davano la sindaca Raggi vicina a Gualtieri, il candidato del Pd va al ballottaggio col 27%, quattro punti sotto Enrico Michetti. Un risultato che rientra nelle previsioni dei vertici dem (anche se il dato del Pd è bassino: 16,4%).

Letta non trattiene l’entusiasmo: «Siamo tornati in sintonia con il Paese, abbiamo dimostrato che la destra è battibile». «A marzo, quando sono tornato in Italia, la vittoria di Salvini e Meloni pareva ineluttabile. La destra perde perché non ha più un federatore che era Berlusconi. Mi auguro che Lega e Fdi continuino così…». «Sono fiero e orgoglioso di questa campagna fatta sul campo, non nei salotti o sui social», dice prima di tuffarsi in un brindisi in piazza del Campo sotto la pioggia con i cori di Bella Ciao dei militanti.

«Un risultato che rafforza il governo Draghi e anche l’Europa, visto che hanno vinto gli europeisti», prosegue il segretario dem. «Questi dati spingeranno le forze politiche a prendere tempo, anche quelle che spingevano per votare subito. Io sull’onda di questa vittoria potrei dire andiamo al voto, ma penso all’interesse del Paese: Draghi è forte e credibile in Europa, e saprà usare bene i soldi del Pnrr».

PER LETTA LA PROSPETTIVA non è quella di un governo tecnico a tempo indeterminato, ma la costruzione di una coalizione progressista che possa vincere nel 2021». Per questo passaggio pone il Pd come «federatore» e «baricentro» dell’alleanza. «Il mio compito è far stare insieme le persone tra loro, l’unità è necessaria per battere il centrodestra».

Una battuta verso il M5S: «Mi pare che vadano meglio dove sono alleati con noi». E sui ballottaggi: «Vedo un percorso di convergenza naturale, ma tocca a noi dire le parole giuste, senza supponenza». Un messaggio anche a Carlo Calenda: «Lui è un interlocutore, nel futuro le nostre strade dovranno convergere».

L’OBIETTIVO ORA È «allargare la coalizione», anche dove al primo turno non si era riusciti. Con garbo, il leader dem archivia la stagione di Conte come leader della coalizione: «Quella era un’altra fase, ma con Giuseppe lavoro e lavorerò bene».

Un passaggio anche sul Pd, che a marzo aveva trovato balcanizzato: «Abbiamo lavorato sull’unità interna al partito che è la chiave per ogni risultato positivo. Questi risultati li condivido con Nicola Zingaretti per il lavoro impostato prima del mio arrivo. La politica è anche questo, non c’è nessun supereroe». E ai suoi parlamentari dice: «Non vado alla Camera per controllare le truppe..».

Il leader Pd sembra avere chiaro che l’onda populista non è finita, ha subito solo una battuta d’arresto. E che il malessere sociale non è svanito, come testimonia l’altissima astensione (ha votato circa il 50% degli italiani, il dato più basso nella storia delle comunali: «Il malcontento c’è», dice Letta, «dovremo gestire bene questa fase dell’autunno, concentrarci sul lavoro e sui temi sociali, sui giovani, parlare con gli elettori che fanno più fatica. Questo risultato ci consente di dare al governo la forza per farlo».

GIÀ, PERCHÉ LEALTÀ A DRAGHI e responsabilità «non bastano. I problemi emergeranno, e dovremo affrontarli tenendo insieme diritti, lavoro e ambiente». Per Letta, dopo sette anni dalla cacciata da palazzo Chigi per mano del suo partito, è un giorno di rivincita anche personale: «Torno in Parlamento con emozione, in questa campagna ho completato la mia formazione politica, mi mancava qualcosa anche quando facevo il premier».

La cosa fondamentale è «aver cavato le gambe da questo collegio difficile». Arriva anche la benedizione di Prodi: «Parole perfette, io vinsi quando allargai la coalizione. Enrico lo ha fatto in tutte le città ed è arrivata una valanga di voti».