Alla fine hanno deciso: al parlamento europeo i deputati M5S siederanno nello stesso gruppo con l’Ukip del populista Nigel Farage, l’uomo per il quale Beppe Grillo si è speso fino all’ultimo. A deciderlo sono stati gli attivisti chiamati ieri a esprimersi con un referendum in cui, oltre allo Ukip, i vertici del movimento hanno abilmente deciso fornire due sole altre opzioni: il gruppo Ecr dei consevatori e riformisti a cui aderisce anche il premier britannico David Cameron, e «i non iscritti», il rifiuto di ogni allenza, tattica o meno che sia. L’esito del voto, scontato, non lascia dubbi: dei 29.5854 partecipanti la stragrande maggiornaza, 23.121, sceglie di convivere in Europa con gli euroscettici dell’Edf guidati da Farage, in 3.533 indicano invece i «non iscritti» e 2.930 i conservatori dell’Ecr.

Ma le modalità con cui Grillo e Casaleggio hanno indetto il referendum e soprattutto la decisione dei due guru di escludere dalle possibili opzioni i Verdi europei, scatena fin da subito una rivolta in rete. Molti attivisti si rifiutano di votare e definiscono la consultazione «una farsa». «Ho l’impressione che qualcuno abbia già deciso, e serve solo la finta ratifica delle rete», scrive ad esempio Giacomo C. dalla Sicilia. Una protesta che si estende anche ai parlamentari. I dissidenti Paola Pinna, Tommaso Currò e Aris Prodani dichiarano di non voler partecipare al voto, ma anche tra gli allineati non mancano le perplessità: «Tanti attivisti mi stanno chiedendo in privato se secondo me è normale che non si possano votare i Verdi: io dico di no», scrive ad esempio su Facebook il deputato Francesco D’Uva. L’imbarazzo è tale che verso l’una del pomeriggio una nota prova a gettare acqua sul fuoco: i Verdi – si spiega – sono stati esclusi perché ponevano veti e non davano nessuna certezza di includere il M5S nel gruppo. Replica di Angelo Bonelli: «Grillo orienta il referendum con quesiti precostituiti», dice il portavoce dei Verdi italiani. E in serata un altro deputato 5 stelle, Cristian Iannuzzi, dopo essersi definito «avvilito e arrabbiato» per il modo in cui viene gestito il portale, chiede a Grillo di «tornare sui propri passi».

A quanto pare è finito il tempo delle sorprese, quando gli attivisti contraddicevano le indicazioni del capo costringendolo a dire sì controvoglia all’ebolizione del reato di clandestinità e a partecipare, altrettanto controvoglia, alle cosultazioni di Matteo Renzi. La vittoria di ieri rischia però adesso di ritorcersi contro Grillo e il Movimento. Quella dell’inglese Farage potrebbe infatti rivelarsi una scelta sbagliata. destinata a confinare i 17 eurogrillini in un angolo. Il leader dell’Ukip sta infatti incontrando non poche difficoltà nel comporre il gruppo. Non tanto per il numero dei parlamentari, che il regolamento di Strasburgo vuole non inferiore a 25 (l’Ukip ne ha 24, più i 17 grillini, quindi non ci sono problemi), piuttosto perché è anche richiesto che siano rappresentati almeno 7 Paesi diversi. E qui cominciano i problemi. Al momento, infatti, in Europa solo Beppe Grilo ha abboccato alle sirene euroscettiche dell’Ukip. I «Veri finlandesi» e il «Partito del popolo danese», altre due alleanze possibili, hanno già scelto di andare con Marine Le Pen complicando così le cose. Se Grillo e Farage vorranno avere un ruolo, dovranno pescare tra i «Democratici svedesi», partito di estrema destra, i tedeschi dell’Afd e una, forse due formazioni baltiche. Con il rischio di non riuscire ad arrivare alla soglia richiesta.

Un bel guaio. Ma che succederebbe se l’alleanza con Farage dovesse naufragare? Ieri, al momento di lanciare il referendum, Grillo ha spiegato: «Nel caso la soluzione più votata non sia praticabile, sarà perseguita la successiva più votata». Dopo Farage, l’opzione che ha preso più voti è stata quella di non iscriversi a nessun gruppo, vale a dire condannare i 17 eurogrillini a non avere nessun ruolo né peso per l’intera legislatura. Che non è proprio la posizione migliore per chi ha chiesto il voto promettendo di cambiare l’Europa. Insomma, grazie a Grillo anche quello europeo rischia di essere un voto inutile.

Almeno una cosa è chiara. L’ambiguità che voleva il M5S né di destra né di sinistra è finita. La decisione di costringere gli attivisti a scegliere tra la destra di Cameron e la destra-destra di Farage sgombera il campo di qualunque dubbio. E lascia libero il leader libero di tornare alla sua attività preferita: cacciare chi non la pensa come lui. Ieri Grillo non ha perso tempo: pochi minuti dopo aver reso pubblici i risultato del referendum è tornato ad attaccare il sindaco di Parma sulla solita questione relativa all’inceneritore: «Pizzarotti risponda nel merito. Perché non ha indetto un referendum per stabilire se Parma preferisce le penali o l’inceneritore, come promesso?».