Il premier Tayyip Erdogan ottiene un nuovo un voto di fiducia dopo le elezioni amministrative tenute lo scorso 30 marzo in Turchia. Il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) ne esce vittorioso portando a casa oltre il 44% dei voti di 46 milioni di elettori che si sono recati alle urne. Obiettivo raggiunto e superato per l’Akp che nelle consultazioni del 2009 aveva raggiunto una percentuale del 38,8% e che per questa volta si era posto il traguardo del 40%.

Mentre l’opposizione principale rappresentata dal Partito repubblicano del popolo (Chp)stenta a raggiungere il 29%, il Mhp (Partito di azione nazionalista) si attesta addirittura leggermente al di sotto del 16,1% del 2009 e i partiti curdi Bdp (Partito della pace e della democrazia) nelle province orientali e il gemello Hdp (Partito democratico dei popoli) in quelle occidentali non ottengono il boom sperato, registrando complessivamente una percentuale inferiore al 5%.
L’affluenza è stata a livelli di record, con la partecipazione di oltre 92% dei 52,5 milioni di elettori, inclusi numerosi anziani e disabili che hanno aspettato anche diverse ore in fila il proprio turno pur di poter esprimere il loro voto.
Anche in questa circostanza Twitter, ufficialmente bloccato, ma adoperato lo stesso grazie ad appositi programmi ed estensioni di browser, è stato uno strumento fondamentale per segnalare in tempo reale eventuali irregolarità. Da lunghi anni non si era registrata una consultazione dove ne sono state segnalate così tante, concretizzate in 1418 verbali ufficiali.

L’influsso delle proteste di Gezi Park si è manifestato con una partecipazione mai vista di volontari per monitorare il processo – oltre 30mila a Istanbul – in supporto al lavoro degli scrutatori. Intanto, nella notte del 31 maggio, tre distretti dove è stato effettuato un nuovo scrutinamento sono passati al Chp, mentre nella prima conta l’Akp risultava al primo posto.

Nelle due province chiave di Istanbul ed Ankara i candidati dell’Akp e del Chp hanno gareggiato con percentuali simili fino alla fine, portando ognuno a dichiarare vittoria quando ancora nemmeno la metà erano stati scrutinati. Alla fine a Istanbul si è riconfermato il sindaco uscente Kadir Topbas, con quasi il 48% delle preferenze, contro il concorrente Mustafa Sarigül in dietro di circa 8 punti rispetto al primo. Tensione maggiore si è avuta ad Ankara, dove – come pure in altre province – si è verificato un blackout durante la conta degli scrutini. La differenza minima tra i due candidati Melih Gökçek (Akp) e Mansur Yavas (Chp) – con il 44,62% delle preferenze il primo e il 43,94% il secondo – e sospetti di brogli nel conteggio in alcuni seggi è stato oggetto di proteste e risulterà probabilmente in un secondo scrutinamento in alcuni distretti. Resta quindi ancora aperta la porta di una sorpresa dell’ultima ora ad Ankara.

Nella notte di domenica, Erdogan ha annunciato la sua vittoria accompagnato dai membri della famiglia, sollevando in aria la mano del figlio Bilal, il cui nome è stato coinvolto assieme a quella di alcuni membri del governo in gravissime accuse di corruzione. Uscito da un lungo tunnel che ha portato l’esecutivo turco ad oscurare prima Twitter, poi Youtube, per contenere la divulgazione di queste accuse, ora sembra che il primo obiettivo del governo turco sarà quello di perseguire «per vie legali» quanti avrebbero orchestrato un tale complotto rivolto al governo: ossia l’ex alleato Fethullah Gülen e il suo movimento islamo-sunnita Hizmet. «L’ho già detto e lo ripeto» ha affermato il premier «entreremo nelle loro tane. Ne pagheranno le conseguenze». A giudicare dal risultato di queste elezioni sembrerebbe che la base elettorale dell’Akp abbia messo sulla bilancia le accuse rivolte contro l’esecutivo e i vantaggi ottenuti durante gli undici anni di governo del partito, scelgliendo alla fine di rinnovare la fiducia nel premier che considera l’artefice indiscusso di questi vantaggi.

La base elettorale dell’Akp, che rappresenta la fascia più conservativa e osservante della società, in passato ha subito forti pressioni e ricorda ancora con risentimento i tempi in cui veniva trattata come cittadino di seconda categoria dai governi formati dai partiti «laici». Erdogan ha fatto molto per allargare alcuni diritti che hanno reso più forte la loro posizione in seno alla società: dall’innalzamento dello statuto delle scuole professionali religiose (imam hatip) alla liberalizzazione del velo negli uffici pubblici e fino a quella nelle università. Ha inoltre supportato il ceto imprenditoriale delle città anatoliche contribuendo all’innalzamento del livello economico di tutto il territorio.

Le accuse di corruzione, i piani di guerra contro la Siria, il blocco dei social media non sono tanto importanti quanto riuscire a mantenere alcuni privilegi. L’assenza quasi totale del Chp, come pure del nazionalista Mhp, dalle province dell’Anatolia centrale, è un sintomo di quanto ancora le altre formazioni del paese siano lontane dal sapere rivolgersi alla maggioranza del paese. Resta ora da vedere se l’opposizione sarà in grado di leggere questo risultato per le elezioni politiche del 2015. Il prossimo appuntamento elettorale sarà invece quello del 30 agosto prossimo per l’elezione del presidente della repubblica, che verà scelto per la prima volta direttamente dai cittadini. Entro giugno sarà chiaro se il premier Erdogan, forte dell’ultimo risultato, deciderà di candidarsi oppure se sceglierà di correre per la presidenza del consiglio per la quarta volta di seguito.

*Osservatorio Balcani Caucaso