Un vero e proprio accordo definitivo ancora non c’è ma tra il Viminale e le Ong impegnate a salvare i migranti nel Mediterraneo le distanze sul nuovo Codice di comportamento sembrano essersi ridotte notevolmente, specie dopo che da parte del ministero si è manifestata la volontà di venire incontro ad alcune delle proposte di modifica avanzate dalle organizzazioni.

Almeno questo è questa l’impressione avuta ieri al termine della seconda riunione tra i rappresentanti delle organizzazioni umanitarie e il capo di Gabinetto Mario Morcone. In serata le Ong hanno ricevuto la nuova bozza del Codice contenenti le modifiche proposte e che esamineranno durante il fine settimana. Se non ci saranno ulteriori obiezioni, giù lunedì si potrebbe arrivare alla firma.

I punti sui quali le Ong hanno fin da subito sollevato le principali obiezioni erano due il divieto di trasferire i migranti salvati su navi più grandi e la presenza a bordo di agenti di polizia giudiziaria. «I trasbordi sono una prassi consolidata ma rappresentano anche un fattore fondamentale per mantenere la capacità e l’efficienza di un sistema di salvataggio già oggi insufficiente», spiega Gabriele Eminente, direttore generale di Medici senza frontiere. Un punto sul quale anche ieri tutte le Ong si sono dette d’accordo. Alla fine la mediazione sarebbe stata trovata: i trasbordi non saranno più vietati – come previsto inizialmente dal Codice – ma potranno essere effettuati dopo aver ricevuto l’autorizzazione della Guardia costiera italiana che da sempre coordina i soccorsi.

Altra questione dirimente riguardava la presenza a bordo delle navi di un agente di polizia giudiziaria. Per le Ong contrasterebbe con la natura umanitaria delle missioni svolte e, comunque, gli agenti non potrebbero essere armati. «Viene messa a rischio la percezione della nostra neutralità e indipendenza, ma anche di mettere in pericolo la vita dei nostri operatori, a partire da quelli che lavorano in Libia», prosegue Eminente.
Anche in questo caso, però, si sarebbe riusciti a trovare una possibile mediazione. La presenza a bordo della polizia non sarebbe automatica né sempre obbligatoria, ma potrebbe essere decisa a seconda delle necessità di indagine.

Gli altri punti del Codice riguardano la trasparenza dei finanziamenti, il divieto di entrare in acque libiche e le certificazioni di idoneità della nave e dell’equipaggio. Su quest’ultimo obbligo le Ong che sottoscriveranno le nuove regole potrebbero ricevere una certificazione attestante l’idoneità ad operare.
Medici senza frontiere, Moas e Save the Children, le principali tra le Ong presenti alla riunione di ieri, sarebbero tra quelle più ottimiste sulla possibilità di raggiungere un accordo. «Abbiamo riscontrato la massima disponibilità a trovare un’intesa, a chiarire i punti critici» ha detto Rafaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children. Resistenze maggiori ci sarebbero state invece dalle altre organizzazioni. Sea Watch, in particolare, ha confermato l’intenzione di non sottoscrivere il Codice se non verrà trovata una soluzione alla presenza a bordo delle navi di agenti di polizia giudiziaria.