Il Kenya vive in una situazione di «scacco» permanente, da quando il 26 luglio è stato trovato morto uno degli esponenti della commissione elettore (IEBC), Chris Msando. Il confronto perpetuo tra maggioranza e opposizione inizia a preoccupare anche gli osservatori più attenti del Paese.

L’8 agosto si era votato tra ingenti misure di sicurezza all’insegna della super tecnologia, ma a sorpresa dopo poche settimana la Corte costituzionale aveva annullato il risultato delle elezioni per «illegalità e irregolarità».

Si è ripartiti, ma l’opposizione ha puntato tutto sulla riforma della commissione elettorale ritenuta non più credibile, facendo un elenco di 12 modifiche «irriducibili» per rendere le elezioni «credibili e trasparenti». Tuttavia, la costituzione sancisce che il nuovo voto debba avvenire entro 60 giorni. Troppo pochi per ricostruire dall’interno un processo elettorale.

Per l’opposizione ci sono «tutte le indicazioni che le elezioni previste per il 26 ottobre saranno peggiori di quelle precedenti». Pertanto, il leader Raila Odinga prima ha comunicato che si sarebbe ritirato dalla corsa elettorale, poi ha invitato in ogni modo i suoi elettori a non votare: passando dal #ReadyforCanaan di luglio all’attuale #NoOctoberElection. Infine, ha promesso: «Mercoledì 25 ottobre vi dirò come uccideremo il gatto».

In questi mesi ci sono state molte proteste dell’opposizione fermate in modo eccessivamente violento dalla polizia. Almeno 67 i morti accertati secondo il dossier Kill Those Criminals. Security Forces Violations in Kenya’s August 2017 Elections (Uccidete quei criminali. Abusi delle forze di sicurezza nelle elezioni dell’agosto 2017 in Kenya) condotta da Amnesty International e Human Rights Watch.

Per far fronte alle proteste il governo ha imposto il divieto di manifestare che, tuttavia, non è stato rispettato.

Il responsabile della commissione elettorale Ezra Chiloba ha scelto di allontanarsi per tre settimane ma per Odinga non basta perché «lui era lì quando è stata organizzata la trappola». Un altro membro della commissione, Roselyn Akombe, avrebbe subito minacce e temendo di far la fine di Chris Msando ha deciso di trasferirsi negli Usa. Da lì ha dichiarato: «La Commissione nelle condizioni in cui si trova non può certo garantire elezioni credibili. Per questo non intendo partecipare a una tale parodia di voto». Il 22 ottobre è stata arrestata anche Ruth Odinga, sorella del leader, per incitamento alla violenza.
Onu e Unione africana hanno emesso un comunicato congiunto in cui chiedono agli attori politici in Kenya di sostenere la Commissione elettorale nazionale e scongiurare violenze. I due organismi internazionali hanno inoltre chiesto alle forze di sicurezza di astenersi dall’uso eccessivo della forza e rispettare le libertà politiche di tutti i keniani.

Da parte sua il presidente in carica Uhuru Kenyatta ha dichiarato che «la Costituzione ha assegnato tutto il potere al popolo ed è la gente a decidere la direzione che il paese dovrà adottare attraverso il voto. Né io né Odinga possiamo decidere per 45 milioni di keniani. Rispettiamo il diritto di coloro che non vogliono partecipare alle elezioni, ma va altresì rispettato il diritto di coloro che vogliono votare».

La situazione di incertezza sta spaventando gli investitori dell’economia più avanzata della regione, ma soprattutto la gente comune che già normalmente vive alla giornata. «In questi mesi – dice Emmanuel Thebby, spaccapietre a Ongata Rongai – ci sono giorni che mangio solo una volta un po’ di polenta e sukuma. Le previsioni di crescita economica sono state abbassate per la siccità e l’incertezza politica. Il resto è attesa, nella speranza il gatto non si ritrovi a vivere in un appartamento vuoto».