L’assenza in massa dei vigili urbani la notte di Capodanno ha offerto una straordinaria occasione al governo per realizzare la “seconda parte” del Jobs Act, quella dedicata al pubblico impiego. Ieri la polemica ha tenuto banco per tutto il giorno, soprattutto dopo che il premier Matteo Renzi è intervenuto via Twitter – addirittura con il primo tweet del 2015 – per annunciare un intervento da parte dell’esecutivo. I fatti sono più o meno noti, visto che hanno già ampiamente tenuto banco sui media e sui social: nella capitale, grazie a un massiccio ricorso a certificati medici, donazione di sangue, esoneri per disabilità (legge 104), ben l’83,5% dei vigili si è reso totalmente uccel di bosco. E questo mentre tutti gli altri italiani brindavano (e probabilmente anche molti degli assenti “giustificati”), ma soprattutto mentre tanti altri affollavano piazze e strade.

La situazione non si è creata a freddo, ma si inserisce in una vertenza più generale, che vede i vigili opposti da mesi al Campidoglio, per una serie di rivendicazioni che a loro dire il sindaco Ignazio Marino avrebbe finora ignorato. Così i sindacati avevano chiesto un’assemblea, piazzandola – e qui la loro posizione si indebolisce parecchio – proprio a cavallo tra il 31 dicembre e l’1 gennaio: chiaro l’intento di creare disagio, in un momento molto delicato, con la gente in strada per i concertoni, i botti e i brindisi all’aperto. Il prefetto aveva di fatto chiesto di rinunciare all’assemblea, e chiesto ai vigili di lavorare: da qui la raffica di certificati, presentati quindi a posteriori – dopo il botto delle polemiche – quasi come una protesta collettiva, o sciopero bianco che dir si voglia.

E mentre la Cisl resta sulla difensiva, e la Uil per diverse ore addirittura si arrischia a difendere gli assenti – affermando che «erano a donare il sangue» – la Cgil sceglie un netto atteggiamento di condanna, spiegando che quel comportamento ha «danneggiato tutti, soprattutto chi ha fatto il suo dovere la notte di Capodanno». Quell’eroico 16,5%, insomma, che si è dovuto fare in quattro per coprire i turni.

Rossana Dettori, segretaria generale della Fp Cgil, infatti twitta: «Il nostro sostegno ai vigili che hanno lavorato a #Roma il 31 notte. Lotte sbagliate danneggiano tutti. Le regole ci sono, si applichino». Come dire che se da un lato in effetti un errore “di categoria” ci può essere stato, e che «singolarmente, se ci sono stati degli abusi, vanno puniti senza se e senza ma», dall’altro però il governo non deve sfruttare l’occasione a proprio vantaggio: «Chi oggi cerca di strumentalizzare, come il Presidente Renzi – dice Dettori – ha per primo dato l’esempio, rotto ogni forma di dialogo con le organizzazioni dei lavoratori, cercato lo scontro». «Non serve un Jobs Act apposito: le norme ci sono e vanno applicate. Le sanzioni disciplinari previste dal contratto collettivo sono dure, e vanno dalla multa, alla sospensione arrivando al licenziamento».

Il governo, invece, nella vicenda ci vuole entrare, eccome. Il primo tweet di Renzi lo dice chiaro: «Leggo di 83 vigili su 100 a Roma che non lavorano “per malattia” il 31dic. Ecco perché nel 2015 cambiamo regole pubblico impiego #Buon2015». E poi, a chi gli ricorda che però il Jobs Act ha evitato di emanare norme proprio sul comparto pubblico: «Prego? Le abbiamo inserite in un disegno di legge che è all’attenzione del Parlamento. Si chiama democrazia».

Stessa intenzione annunciata dalla ministra della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, anche lei via tweet: «#Roma #vigiliassenti ispettorato ministero Funzione Pubblica subito attivato per accertamenti violazioni e sollecito azioni disciplinari». E poi: «#vigiliassenti avanti con #riformapa per premiare eccellenze che ci sono e punire irresponsabili».

Non basta: i vigili finiscono anche sotto la morsa incrociata dell’Autorità di vigilanza sugli scioperi (ma va detto che questa in genere si muove per molto meno) e della procura, che ieri ha incontrato il comandante Raffaele Clemente: si valuterà se si siano profilati anche illeciti penali.

Infine c’è il sindaco Ignazio Marino: era stato proprio il Comune, con un lungo e dettagliato comunicato, a fornire i dati sulle assenze, le percentuali al lavoro, le giustificazioni addotte, denunciando le inadempienze dei suoi stessi vigili. Il primo cittadino romano, inizialmente destabilizzato dalle inchieste di mafia capitale ma poi rialzatosi grazie al rilancio di una nuova giunta, non ci sta a essere associato a quelli che da tanti ieri sono stati additati come «fannulloni». E anzi si presenta come parte lesa.

Non a caso l’Ncd, Forza Italia e soprattutto la Lega di Salvini sono tornati a chiedere la sua testa.