Intervenuto lo scorso giugno a un incontro a Ho Chi Minh City organizzato da Tech In Asia, Victor Lavrenko, amministratore delegato di CocCoc (coccoc.com), spiegò alla platea che la sua intenzione non era fare concorrenza a Google, ma concentrarsi su aree in cui avrebbe potuto fare meglio di quanto fatto dai ragazzi di Mountain View.

Nei mesi scorsi c’è stata grande attenzione attorno al motore di ricerca vietnamita, finanziato con soldi dei russi, pronti a mettere nel progetto 100 milioni di dollari. Il punto di forza rispetto a Google dovrebbe essere la capacità di elaborare meglio del rivale le informazioni in lingua vietnamita, dando agli utenti risultati più accurati, oltre a servizi simili come ad esempio un proprio Street View con vedute che non è però possibile trovare tra quelle raccolte dal concorrente.

Un po’, su scala minore, quanto fatto da Baidu in Cina, con il motore di ricerca locale capace di relegare in una piccola porzione di mercato il leader globale del settore. Le aspirazioni di Lavrenko devono tuttavia fare i conti con le limitazioni poste dal governo vietnamita alla libertà d’informazione.

Hanoi, come emerso dalle polemiche attorno al controverso Decreto 72, deve conciliare le aperture economiche iniziate negli anni Ottanta del secolo scorso con la necessità di mantenere il potere del Partito unico comunista. Un difficile equilibrio da cui le contraddizioni del provvedimento entrato in vigore il primo settembre scorso, che da un lato è pensato per tutelare la proprietà intellettuale, in pratica è visto come un ulteriore bavaglio alle voci dissidenti per il divieto di pubblicare, riprendere o quotare su social network o blog, notizie prese da organi di stampa o siti governativi.

Lo scorso maggio l’Associated Press riferiva di ricerche su temi considerati sensibili dalla dirigenza di Hanoi reindirizzate da CocCoc verso il concorrente americano. Un modo, scriveva allora l’agenzia statunitense, per evitare di irritare il governo, che allo stesso tempo permetteva agli utenti di navigare su siti critici verso l’operato del partito.

D’altronde riflette quanto avviene nel Paese. La crescita della popolazione online vietnamita è una delle più rapide al mondo. Tuttavia nell’ultimo anno sono stati almeno 46 i vietnamiti, molti dei quali blogger, incarcerati e condannati per propaganda contro la Repubblica socialista e per aver abusato delle libertà democratiche.