«State dimostrando di essere dei giganti e che siete parte della più grande delle nazioni». Con questi toni solenni re Abdallah di Giordania venerdì si è rivolto ai sudditi che stanno osservando le strette misure imposte dal governo del premier Omar Razzaz per contenere il diffondersi del coronavirus. Guai però a metterle in dubbio o a dare voce a chi non le accetta sino in fondo. Ne sanno qualcosa il direttore e il manager di Roya Tv, Mohammed al Khalidi e Fares Sayegh, arrestati giovedì per aver mandato in onda un servizio in cui alcuni manovali rimasti senza lavoro si lamentano del lockdown e della sospensione di gran parte delle attività economiche.

È vietato dissentire. «Nessuno mette in discussione la priorità di contenere la pandemia, la salute dei giordani è fondamentale» ci dice A.S., un attivista della sinistra giordana che ha chiesto di non rivelare la sua identità, «allo stesso tempo è un diritto fondamentale esprimere le proprie opinioni anche in una situazione del genere. Non è certo un mistero che le conseguenze del coronavirus stiano aggravando la condizione già molto difficile della nostra economia e delle finanze del paese. Tanti giordani hanno perso il lavoro e sopravvivono a stento».

Il riferimento è anche alle proteste che hanno attraversato negli ultimi tre-quattro anni la Giordania mettendo in discussione la politica economica dei governi che si sono succeduti, fatte di tagli allo stato sociale imposti anche dalla linea dura del Fondo monetario internazionale che di fatto controlla il paese.

«La situazione è ulteriormente peggiorata dopo l’imposizione delle ultime misure» riferisce Vincenzo Fullone, un imprenditore italiano nonché fondatore del Gruppo Jasmine, che da diversi anni vive e lavora ad Amman. «Non possono entrare prodotti dall’estero – aggiunge – e ora sono disponibili solo quelli locali a prezzi più elevati. Le ristrettezze (per le famiglie) sono aumentate. Vivo accanto al campo profughi (palestinese) di Baqaa e vado lì a fare la spesa, perciò mi rendo conto di persona che la gente fa fatica. Compra le uova che costano meno e si tiene alla larga da frutta e verdura. Per fortuna c’è tanta solidarietà e aiuto reciproco».

Fullone ricorda che la popolazione della Giordania è salita rapidamente negli ultimi anni, a 10 milioni, in conseguenza anche dall’arrivo di profughi iracheni e siriani che sono andati ad aggiungersi a quelli palestinesi. Una realtà che il regno hashemita fa fatica a sostenere, con riflessi inevitabili nel tessuto sociale.

Il ministro delle finanze Mohammed al Issis qualche giorno fa ha ammesso che le casse statali si stanno svuotando per la perdita di entrate causata dall’impatto del coronavirus sull’economia. Eppure, ha affermato, il governo sarà in grado di pagare gli interessi annuali sul debito l’estero (1,75 miliardi di dollari).

Parole che hanno fatto correre un brivido lungo la schiena di tanti cittadini giordani, che si sono chiesti: dove prenderanno tanti soldi? Al Issis ha promesso che la crisi non porterà a tagli della spesa pubblica nella manovra di bilancio da 14 miliardi di dollari per il 2020. Tuttavia considerando il debito pubblico di 42 miliardi di dollari (97% del Pil), gli oltre 800 milioni di dollari di cui lo Stato ha bisogno per pagare i dipendenti pubblici e il crollo del turismo (19% del Pil), è difficile dare credibilità alle parole del ministro delle finanze. Inoltre la crescita del 2,2% stimata dal Fmi nel 2020 ora appare irrealistica e la disoccupazione non potrà che aumentare.

Sino ad oggi il coronavirus ha fatto ammalare 372 giordani causando 7 morti. La risposta alla pandemia di Razzaz è stata immediata e decisa. Il premier ha sigillato i confini del paese, ha chiuso scuole ed università e ha interrotto i collegamenti aerei. Quindi il 20 marzo ha imposto un coprifuoco parziale con l’annuncio di sanzioni severissime per coloro che lo avrebbero violato (da multe salate fino ad un anno di carcere). In economia ha pensato prima di tutto a tutelare gli imprenditori sospendendo alcuni articoli della legge sulla previdenza sociale del 2014 in modo alleviare l’onere finanziario per i datori di lavoro.

Per poveri, anziani e malati sono stati stanziati appena 22 milioni di dollari.

Se l’emergenza sanitaria e il lockdown andranno avanti per mesi non si può escludere un rischio anche per la tenuta sociale del paese, considerando le preesistenti tensioni tra giordani e  profughi stranieri causate dalla disoccupazione. «Sono prevedibili due scenari» ci dice l’analista Mouin Rabbani «nel primo la credibilità del governo potrebbe consolidarsi se la diffusione del virus risulterà contenuta, ma ciò dipenderà dalla durata della crisi. Altrimenti si materializzerà il secondo scenario, una reazione sociale acuta e imprevedibile nelle sue manifestazioni al crollo inevitabile dell’economia».