A sorpresa, ma nemmeno tanta, Cecile Kyenge arriva al Cie/Cara di Isola di Capo Rizzuto, al chilometro 241 della statale Jonica, verso mezzogiorno. Già da ieri sera le voci sulla sua visita al centro di detenzione per migranti si rincorrevano. La coincidenza tra le proteste dei migranti di questi giorni e la presenza (già da tempo programmata) della ministra in terra di Calabria (Riace, Cosenza, Crotone e Acquaformosa le tappe) era così evidente che non ci voleva tanta fantasia ad immaginare una sua incursione nel campo. E così l’effetto sorpresa, auspicato dagli antirazzisti, è venuto meno. I gestori del centro hanno imbellettato alla meglio la struttura, il tappeto rosso è stato steso, ed il lifting, a quella prigione in riva allo Jonio di nome S. Anna, perfettamente riuscito. A rovinare la festa alla Misericordia di Isola, che gestisce il centro (avvalendosi di un appalto plurimilionario) in modo incontrastato da un decennio, ci hanno pensato però gli stessi migranti. Coloro che da una settimana protestano ad oltranza per le condizioni degradanti della struttura, e soprattutto per chiedere verità e giustizia sul loro compagno Moustapha, il marocchino di 31 anni trovato esanime nel Cie, e dal cui corpo sono state riscontrate evidenti tracce di farmaci. Grazie alla sommossa i nordafricani sono riusciti ad ottenere la chiusura (temporanea, purtroppo) del Cie. E ieri hanno rinnovato la protesta. Un centinaio di loro ha bloccato Kyenge all’interno del Cara frapponendosi davanti al cancello, e impedendo l’uscita dell’auto in cui si trovava il ministro. I manifestanti avevano chiesto di poter avere un colloquio per mostrarle le condizioni della struttura di cui sono per così dire «ospiti». Kyenge ha avuto un breve dialogo con tre manifestanti. «Sono scappato dalla guerra e voglio restare nel vostro Paese»: ha detto al ministro Yassir, un immigrato siriano arrivato in Calabria agli inizi di Luglio. «Venga a vedere come viviamo» gridavano gli altri, denunciando sporcizia e degrado. Dopo il colloquio il ministro, che aveva già visitato la struttura riservata a donne e bambini, la ludoteca, la mensa e gli spazi comuni, lustrati per l’occasione dai gestori, ha deciso di perlustrare tutta l’area, compresi gli spazi destinati agli uomini. La tensione si è sciolta solo quando lei ha accettato di visitare le zone nelle quali le condizioni sono più disagiate. Si tratta degli alloggi ricavati in alcuni container. In alcuni casi le fognature sono saltate e tutto è invaso dai liquami. Insomma, migranti trattati come dei topi. E il tutto foraggiato dallo Stato che salda profumatamente questo trattamento disumano. Un applauso ha salutato l’arrivo del ministro in quei luoghi. Una struttura, tra le più grandi del continente, che, a fronte di una capienza massima di 1400 posti ospita oggi quasi 2000 asilanti. Un campo fatiscente, più volte sfiorato da inchieste giudiziarie, che una recente sentenza del tribunale di Crotone ha definito caratterizzato da «condizioni disumane al limite della decenza», gestito dalla Confraternita, legata mani e piedi al Pdl, capace persino di eleggere il sindaco isolitano alle ultime elezioni comunali di primavera. Nonostante tale pedigree, Kienge ha preferito glissare sul merito della questione.«Certo c’è qualche pecca da affrontare con i responsabili della struttura, ma l’ospitalità c’è» ha detto all’uscita. Insomma, niente chiusura del campo, ma il ministro ha assicurato che i container in cui vivono gli immigrati verranno dismessi. Non dello stesso avviso quei venti migranti che all’uscita del corteo di auto si è buttato disperatamente per terra lungo l’asfalto bollente della Jonica, allontanati dalla polizia, e a cui è seguito un fitto lancio di sassi. Il ministro ha potuto proseguire verso Crotone per la consegna di attestati di cittadinanza simbolica a 4 bambini stranieri nati in Italia alla presenza del sindaco della città pitagorica, Peppino Vallone (Pd). Lo stesso che tre anni fa emanò un’ordinanza antiimmigrati che ancor oggi chiede giustizia. Ma sulla miseria e ipocrisia dei politicanti a queste latitudini è meglio stendere un velo pietoso.