Ci mancava solo la febbre. Ma nonostante sia confinato a casa in quarantena, don Massimo Biancalani non perde la calma. Anche se è costretto a seguire a distanza la situazione a Vicofaro, dove due casi di positività fra i 120 migranti ospiti della parrocchia hanno portato le autorità, sanitarie e soprattutto istituzionali, a creare una “zona rossa” a colpi di transenne e di forze dell’ordine dispiegate 24 ore su 24 tutto intorno alla chiesa. “Ho fatto il tampone stamani – spiega il parroco – dovrei avere la risposta fra stasera e domani. Ma ora non mi sento male, i medici hanno trovato il polmoni ‘puliti’. Credo sia stata una ‘frescata’, abbiamo passato tre giorni sotto la pioggia quando è stato deciso di isolare la chiesa. Con una gestione più da ordine pubblico che da problema sanitario. Evitiamo comunque di fare polemiche adesso, ci sarà tempo e modo di discutere quando questa storia sarà finita”.
I circa 120 ospiti della parrocchia di Santa Maria Maggiore sono stati anch’essi visitati da un team dell’Unità speciale di continuità assistenziale (Usca), che dallo scorso fine settimana si è piazzato nel parcheggio della chiesa. Sotto questo profilo non sembrano esserci particolari problemi, i giovani migranti stanno fisicamente bene. Ma dovranno aspettare fino a sabato per essere sottoposti al tampone. “Anche se i ragazzi si stanno abituando all’isolamento – osserva don Biancalani – forse i tamponi potevano essere fatti prima di sabato. Dispiace perché molti di loro sono già stati rimpiazzati. Hanno perso il lavoro, e visto che non hanno contratti regolari e nessuna garanzia, sono preoccupati. Temono di non ritrovarlo. Ho cercato di rassicurarli, ho spiegato che se dovessero arrivare delle donazioni saranno utilizzate per risarcirli del salario perso”.
Le perplessità di don Biancalani sono soprattutto legate alla gestione dell’emergenza sanitaria in parrocchia. Il sindaco pistoiese Alessandro Tomasi, di Fratelli d’Italia, ad esempio nella sua ordinanza di chiusura non ha mancato di sottolineare (per l’ennesima volta) che “la gestione attuale non può più essere consentita, perché rappresenta un pericolo sia per le persone accolte sia per i cittadini”. “C’è stato un dispiegamento di forze degno di miglior causa – tira le somme il parroco – uno spreco di energie e di risorse, in un’ottica di puro e semplice ordine pubblico”.
Anche le procedure adottate dalle autorità sanitarie, con i pasti precotti, non hanno convinto don Biancalani: “Bastava portar loro le abituali derrate alimentari che ordiniamo ogni settimana, e continuare a farli cucinare, Sono abituali a farlo, e ci sono differenze fra la cucina senegalese, quella maliana, e soprattutto quella nigeriana”. In aggiunta dopo l’ordinanza della Regione, l’ultima di Enrico Rossi, che ha avviato un percorso virtuoso di spostamento dei giovani migranti in piccoli gruppi, non mancano i primi problemi. Le strutture messe a disposizione dalla Diocesi, in particolare quelle sulla montagna pistoiese, renderebbero difficoltosi gli spostamenti per chi lavora, specie per quelli che hanno trovato da fare al Macrolotto di Prato. E del resto il vescovo Tardelli, che pur avendo sottoscritto l’ordinanza di Rossi ha poi cercato subito di “commissariare” Vicofaro, non ha perso tempo a chiudere al culto la chiesa di Santa Maria Maggiore, “fino a cessazione dell’emergenza dichiarata dalle competenti autorità”. In perfetta sintonia con il sindaco Tomasi. E con una postilla che ha il sapore della beffa: “Ora è il momento di unirci tutti per risolvere al meglio questa nuova emergenza”.