Fra i tanti anniversari che sono passati inosservati, si può ricordare anche quello di Karel Thole, il pittore olandese che ha legato il proprio nome alla fantascienza. Nato un secolo fa, Thole è stato il protagonista di un’esperienza unica che merita di essere ripercorsa nelle sue tappe principali. «Il più grande artista che abbia mai dipinto una copertina di fantascienza»: così l’ha definito lo scrittore inglese Brian Aldiss, figura rilevante della science fiction e studioso della materia. Karel Thole (al secolo Carolus Adrianus Maria Thole) nacque il 20 aprile 1914 a Bussum, una cittadina a pochi chilometri da Amsterdam. Interessato al disegno fin da piccolo, frequentò la facoltà di disegno che ha sede nel Rijksmuseum della capitale olandese e cominciò a lavorare nel campo pubblicitario.

Nell’estate del 1935 si recò in viaggio in Italia, visitando Roma e altre città. Il giovane disegnatore ignorava che il suo primo contatto con l’Italia non sarebbe stato quello di un semplice turista, ma la manifestazione embrionale di un legame che avrebbe cambiato la sua vita. Tornato in patria, continuò a lavorare. Nel 1942, a soli 28 anni, Thole era ormai una figura centrale nel mondo dell’illustrazione olandese. Il primo contatto con la letteratura fantastica, comunque, avvenne soltanto nel 1953, quando disegnò la copertina del libro Fantastische vertellingen, pubblicato dall’editore Het Spectrum. Naturalmente Thole non sapeva che si era già avviato quell’insieme di coincidenze che avrebbe dato una svolta decisiva alla sua vita. Il 10 ottobre 1952 Mondadori lanciò in edicola I romanzi di Urania, collana fondata e diretta da Giorgio Monicelli. Il 4 ottobre 1957 l’Urss spedì nello spazio lo Sputnik 1, il primo satellite artificiale.

L’esplorazione delle galassie stimolò un interesse scientifico che trovò nella fantascienza un complemento letterario importante: erano gli anni in cui gli italiani facevano la conoscenza dei romanzi di Campbell, Heinlein, Van Vogt, Sturgeon, Williamson. I tempi erano maturi anche per Thole: la sua famiglia era ormai composta da cinque persone, mentre il mercato olandese offriva pochi sbocchi. Nell’estate del 1958, quindi, si trasferì nel nostro paese insieme alla famiglia. Il momento non avrebbe potuto essere migliore. Collaborò prima con Rizzoli, ma nel 1959 iniziò a lavorare per Urania, allora ancora sotto la direzione del fondatore Giorgio Monicelli. L’anno successivo ne diventò il disegnatore fisso.

Ventotto anni separano la prima copertina che Thole realizzò per la rivista (J. B. Dexter, L’impossibile ritorno, n. 233, 3 luglio 1960) dall’ultima (Hal Clement, Enigma 88, n. 1080, 31 luglio 1988). A questo lungo periodo, accanto alle copertine per testi minori o addirittura insignificanti, appartengono quelle di molti capolavori, fra i quali La città e le stelle (Clarke), L’uomo che cadde sulla Terra (Tevis) e I figli dell’invasione (Wyndham). A partire dal numero 336 (1964), il disegno della copertina venne racchiuso in cerchio rosso: un segno distintivo che rimarrà fino ai nostri giorni.

Al tempo stesso l’artista olandese realizzò le copertine per altre collane di fantascienza Mondadori, dai Classici agli Oscar; per le Edizioni Nord, all’epoca dirette da Gianfranco Viviani; per molti editori stranieri, fra i quali Ace Books e Heyne. L’artista proseguì con il suo lavoro fino a quando intervennero problemi alla vista. Nel 2000 morì nella sua casa di Cannobio, sul Lago Maggiore.

Quella di Thole era un’esperienza unica dato che l’artista non fu influenzato dalla fantascienza: a differenza di altri pittori che si affermeranno più tardi, come Franco Brambilla, non era un appassionato del genere. Semmai, erano i suoi disegni a influenzare la science fiction, lasciando un segno indelebile. L’artista olandese riusciva a tradurre in immagini l’essenza più profonda di quel mondo letterario, andando ben oltre gli stereotipi. Le sue copertine non ritraevano soltanto alieni, mostri, astronavi e paesaggi spaziali, ma anche donne misteriose, sensuali e, al tempo stesso, fredde; ville gotiche; inquietanti labirinti; saloni sconfinati; caverne d’acciaio; città mostruose e palpitanti di vita. Anche quando il disegno sembrava rappresentare una realtà consueta o familiare, c’era comunque un dettaglio a renderla anomala e insolita.

Thole ha dato un contributo determinante affinché la fantascienza venisse riconosciuta come espressione artistica. Se oggi si pubblicano saggi accademici e tesi universitarie sulla science fiction, se scrittori come Ray Bradbury e Philip K. Dick sono studiati dai critici letterari, lo dobbiamo anche a questo signore gentile che aveva scelto l’Italia come seconda patria.