È in atto una vera e propria guerra contro le ferrovie regionali; sotto la bandiera di una fantomatica politica efficientista di Stato, tutto ciò che non fa rima con Tav è da eliminare, contrarre, vendere.
L’attenzione nei confronti dei treni ordinari (regionali o intercity) è ormai minima; a subirne le conseguenze sono milioni di passeggeri e pendolari che, ogni giorno, subiscono lo scadimento della qualità dei servizi e vedono diffusamente disattesi i caratteri di puntualità, pulizia, confort, coincidenze, tariffa equa, sicurezza, manutenzione. Contrariamente a quanto avviene in altre nazioni ove convivono treni con diversa destinazione d’uso, purtuttavia sempre dignitosi, da noi ormai, escludendo i servizi Tav destinati a una frangia minoritaria di utenti, le ferrovie sono un disastro. Si va depauperando un patrimonio di linee, stazioni, impianti ferroviari, secondo un disegno scientifico; l’obiettivo di fondo emerso in qualche salotto buono è la cancellazione di 5 mila km di rete ferroviaria sul territorio nazionale. Ne possono essere prova i dati nella tabella a margine. Ma il peggio deve ancora venire; la tattica è semplice: le tratte non remunerative vanno rese ancora meno attrattive: basta minare i servizi, squalificare l’offerta, chiudere le stazioni, usare treni vecchi, vessare i viaggiatori; sarà allora gioco forza espellere i pendolari, affermare il concetto che la domanda non giustifica i costi di esercizio, che gli utenti sono sempre meno numerosi, e quindi procedere con i tagli. Si tasta la capacità di reazione della gente, si procede per gradi, si adottano sofisticate tecniche-camomilla per sedare le proteste, e si continua. Fra Calabria e Puglia i manager di Stato hanno cancellato di recente i treni sostituendoli con autoservizi modestissimi; alle vigorose proteste che hanno fatto seguito, essi hanno risposto con un treno interregionale giornaliero, Reggio Calabria-Taranto, un treno che non raggiunge Bari, un treno costituito di carrozze e locomotive vecchissime dismesse dal Nord Italia, di qualità da terzo mondo, soggetto a guasti e ritardi. Tra qualche tempo lo leveranno di torno, dicendo che non c’è domanda di trasporto. Siamo in tanti ad essere convinti che sia sotto attacco l’intera linea ionica, circa 600 km di rete sotto la scure di questi folli che non hanno la minima idea dei conseguenti negativi riflessi sui sistemi socio-economici locali.
Purtroppo la politica appare assente o distratta; governatori delle regioni, Presidenti di Province e sindaci continuano a non rendersi conto dei rischi che stanno vivendo i territori; e non solo quelli del Mezzogiorno. La tabella offre uno spaccato di linee e di servizi di trasporto su ferro ritenuti scioccamente di minore importanza e quindi sacrificati.
Il parco veicolare di quasi tutte le regioni è ormai ridotto al minimo e con mezzi obsoleti e insicuri; soppressione di corse, ritardi e disservizi sono all’ordine del giorno, sono stati cancellati numerosissimi treni a lunga percorrenza e treni notte; i livelli di manutenzione e di sicurezza stanno scemando drammaticamente, inevitabilmente sta lievitando il numero di incidenti e deragliamenti.
Con la consapevolezza che occorre arrestare questo processo disastroso per la vita sociale e per l’economia dei territori, dalla Calabria è partita una iniziativa che ormai coinvolge tutte le regioni d’Italia. Unendo competenze e passione, esigenza di affermare i diritti dei viaggiatori del treno, si è impostata una vertenza per le Ferrovie regionali, e si è avviata una battaglia organizzata per la tutela e il rilancio dei servizi ferroviari locali e interregionali. In pochi mesi si è strutturata una chiamata alle armi di tutti i comitati dei pendolari d’Italia, di decine di social network spontanei, di siti web di appassionati delle ferrovie, con l’idea di fondo di esercitare una robusta forza d’urto nei confronti dei Governi nazionale e regionali e di Fs; superando le dinamiche di lotta occasionali, locali, peraltro spesso represse con azioni legali, si va configurando un fronte di lotta molto esteso, pacifico ma determinato. Un sito web rappresenta il fulcro dell’azione (www.ciufer.it).
Il Ciufer, Comitato Italiano Utenti delle Ferrovie Regionali, è ormai una realtà: un manifesto condiviso per i Trasporti equo-sostenibili, un documento di rivendicazione articolato a scala nazionale e regionale, una istanza di infrazione presso la Commissione Europea, un tribunale dei diritti del viaggiatore, sono alcuni degli strumenti di lotta costruiti con la partecipazione attiva di decine di cittadini, in una forma di democrazia partecipata concreta su problematiche che riguardano la vita sociale dell’intera nazione. Nei prossimi mesi il fermento in atto si tradurrà in azione eclatante per una battaglia di civiltà.

* Docente di Ingegneria dei trasporti, università “Mediterranea” di Reggio Calabria